Tra ragione e sentimento. Il giorno dopo la sconfitta allo Juventus Stadium, la Roma si trova tra questi due stati d’animo. A -7 punti dalla vetta e a +1 sul terzo posto, con Napoli, Milan e Lazio che rimangono sempre in scia, la domanda che la gente romanista continua a farsi è: “Continuare a sperare in una rimonta quasi impossibile, o cercare di mantenere la piazza d’onore e puntare tutto sulle coppe?”

Dalla parte del sentimento c’è la maggior parte dei tifosi, che sui social network invitano la squadra a non mollare, e c’è il tecnico, per cui «il discorso scudetto sarà aperto fino a quando la matematica non ci condannerà», come ha ribadito ieri nello spogliatoio. Un ragionamento corretto per un allenatore che, con un intero girone da giocare (più due partite), non può trasmettere a squadra e ambiente un messaggio di resa.

Dalla parte della ragione, però, ci sono i numeri. Rispetto alla stessa giornata dello scorso campionato, infatti, la Juve ha 9 punti in più (42 contro 33) ma soprattutto 6 in più rispetto all’Inter, allora capolista in una classifica cortissima, che vedeva la Roma quinta a 32. La Juve potrebbe chiudere il girone d’andata a 48 punti: lo scenario di uno scudetto assegnato a più di 90 punti è quasi certo.

La Roma di punti ne ha 35, tre in più rispetto a quella di Garcia alla diciassettesima: vincendo col Chievo (giovedì) e a Marassi col Genoa, finirebbe l’andata a 41. Per superare quota 90, quindi, bisognerebbe fare 50 punti nella seconda parte del campionato. Ripetere il trend dello scorso anno, quando i punti conquistati furono 46 e non bastarono per recuperare su Juve e Napoli, stavolta potrebbe portare al secondo posto e alla qualificazione diretta alla prossima Champions, obiettivo dichiarato della società.

(Corriere della Sera)



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