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Felicità Abraham: “Roma è casa mia”
Non era mica facile, soprattutto dopo una partita così, evitare di pensare alle conseguenze: Tammy Abraham aveva giocato male, malissimo. Pattinando, scivolando, svirgolando. Se avesse sbagliato anche il rigore decisivo al minuto 99, sarebbe scivolato in una crisi di autostima, scrive il Corriere dello Sport.
Ma invece no, non ha avuto paura. E ha cancellato gli errori con un solo tiro. Ha calciato forte nell’angolo, senza guardare nessuno, senza curarsi di quel Provedel che troppe volte aveva già salvato lo Spezia. E via sotto al settore dei romanisti, con tutti i compagni, impazziti insieme per una vittoria nella quale non sperava più nessuno. Non è la risoluzione di tutti i problemi della Roma, che è ben lontana dall’alta classifica, ma è un inizio.
Di sicuro era un risultato da cogliere. E in qualche modo è arrivato. Abraham sorride, accennando anche per la prima volta qualche parola in italiano nelle interviste: «Abbiamo giocato da squadra, molto bene, sia in fase difensiva che offensiva, ma la palla non voleva entrare. A volte serve anche un po’ di fortuna e noi proprio non l’abbiamo avuta. Era una partita da 3 o 4 a zero. Ma siamo contenti di averla vinta così, è stato bello».
Per lui soprattutto, che aveva sprecato tantissimo in precedenza. «Ci siamo esercitati alla vigilia sui rigori – racconta – e Mourinho ha stabilito che, ove fosse capitato, sarei stato io a tirare. Pellegrini, quando l’arbitro ha indicato il dischetto, mi ha dato un bacio e mi ha tolto ogni pressione. Lo ringrazio per questo, così come ringrazio Zaniolo per essersi procurato l’occasione: well done, Nico».
Nonostante i tanti errori di La Spezia, Abraham ha potuto migliorare il suo score realizzativo: sono 12 gol adesso in Serie A (19 in stagione). E sono soprattutto 9 in trasferta. Da cinque gite consecutive con la Roma ormai segna con assoluta regolarità, anche grazie alla promozione a rigorista meritata in allenamento. «Spero di continuare così – spiega – non riesco a capacitarmi di cosa sia successo qui: non riuscivo a mettere il pallone in rete a un passo dalla linea ma non fa niente. L’importante è avere vinto. Aver visto i nostri tifosi così felici allo stadio è un premio che ripaga di tanta fatica. Noi giochiamo sempre per loro». Abraham si sente, uno di loro: «Mi sono innamorato di questa squadra sin dal primo giorno. Amo il club, la città. Roma è ormai casa mia. Mi impegno ogni giorno per ottenere successi qui».
Dovrà migliorare, sì, lui per primo. Glielo dice spesso Mourinho, che ieri non ha parlato in quanto squalificato ma in privato lo stimola continuamente a essere più crudele sotto porta. «Vuole che diventi un mostro in area di rigore» ha rivelato Abraham, che per seguire il maestro ha rinunciato al “suo” Chelsea e non se n’è pentito neanche un po’. Viene da immaginare, osservandone i numeri abbinati al senso di incompiutezza, quanto potrà crescere la Roma quando questo ragazzone educato e allegro arriverà al top: è la sfida più intrigante, che va ben oltre a un rigore segnato al novantanovesimo.
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