AS ROMA NEWS MILAN MOURINHO – Josè Mourinho, allenatore della Roma, ha parlato in conferenza stampa alla vigilia della sfida di campionato contro il Milan. Queste le sue dichiarazioni:
“Iniziamo da me stesso. Mi scuso. Sono qui da due anni e cinque mesi, sono l’unica persona qui dentro che non ha perso un solo minuto di un allenamento. Per me non ci sono malattie, buonumori o malumori, sveglia presto o tardi. Per due anni e mezzo non ho sbagliato niente, c’ero anche quando erano tutti malati. Un mese fa ho avuto bisogno di un giorno per una situazione che non devo neanche spiegare, l’ho spiegato a Pinto e alla proprietà, in un periodo così pieno di viaggi e allenamenti abbiamo deciso che poteva essere questo il giorno, dopo una partita con la prossima la domenica. Sono stato fuori Roma per 14-15 ore, mi sembra ridicolo stare qui a giustificare questo. Ma non accetto in nessun modo che la mia professionalità, la mia dignità e il cuore per questo mio lavoro, venga messa in dubbio. Se c’è un esempio di professionalità sono io, non ho mai perso una partita in 23 anni, non sono mai stato malato. Era un allenamento di recupero per la gente che ha giocato, per sei giocatori che non hanno giocato, senza l’allenatore che non c’era come programmato. Mi sembra drammatico parlare di questo invece che rispondere a una domanda”.
Come si riparte?
“Molto facile. La partita è finita e abbiamo perso, abbiamo fatto tante cose bene secondo le nostre limitazioni e altre cose non bene. Le abbiamo analizzate, abbiamo parlato, sempre nella ricerca di migliorare. Dal mio punto di vista riparto come riparto da 23 anni. Una partita giocata, analizzata, finita, poi c’è la prossima. Non c’è altra storia”.
Che squadra si aspetta di affrontare?
“Una squadra che gioca per lo scudetto e lo ha vinto due anni fa. Quest’anno sembra che la distanza con Inter e Juve non sarà difficile colmare, ma è quella squadra lì. Ha perso giocatori importanti per infortunio nella zona difensiva, a centrocampo e in attacco ci sono tutti. Dietro ha perso giocatori ma ne ha presi due, Terracciano e Gabbia per riparare. Mi aspetto un Milan che vuole vincere dopo la sconfitta in coppa che era anche un loro obiettivo. Ora non possono vincerla e metteranno tutto su questa partita. Conoscono le nostre difficoltà, sembra che le sappiano tutti, magari qualche giornalista o commentatore non le sa. Noi però andiamo lì. Ho parlato con i giocatori dell’analisi del gioco ma anche dell’atteggiamento. Ho grande rispetto e lealtà nel confronto con i giocatori, per questo non c’è niente che qualcuno possa dire ai miei giocatori che non ho già detto io. Per me una cosa chiara è la differenza tra le difficoltà e utilizzare le difficoltà vere come un modo per giustificare qualcosa che possiamo fare meglio. Su questo non mi risparmio, neanche davanti a noi con i nomi. So che se un calciatore sbaglia la direzione è sempre una, del risultato globale è facile dire che la responsabilità è dell’allenatore. Ma nel mio rapporto diretto con i giocatori non risparmio niente. Migliore è il rapporto, più semplice è non risparmiare niente. Ieri riunione dira, specialmente per qualcuno. Collettivamente son ostato molto chiaro, difensivamente siamo stati perfetti, senza problemi, subendo un gol che inizia con una rimessa laterale nostra, che non sappiamo neanche fare la una rimessa e l’abbiamo trasformata in un corner. Poi un rigore di un bambino di 18 anni con 55 minuti di Serie A, e un rigore che continuo a dire che è dei tempi moderni. E i tempi moderni sono molto inferiori per protezione del gioco rispetto a qualche anno fa. Ma non ho mai detto che non era rigore. Non ho risparmiato nessuno ieri. Ma dopo la riunione l’allenamento era per sei giocatori, è difficile lavorare in campo e migliorare cose. Però il messaggio è quello, dal punto di vista individuale bisogna dare obbligatoriamente di più”.
Com’è possibile che nessuno della società, oltre a lei, abbia detto niente ai tifosi? E cosa si sente di dire ai tifosi?
“Io sono anche la società. Non sono una carica alta della società, il direttore o il Ceo, ma sono società e mentre sono qui mi considero società. E le mie parole sono anche parole che la gente fuori vuole sentire. Voglio essere sempre leale e corretto con la società, è un dovere ma anche il mio modo di essere. In questo momento le mie parole sono molto obiettive. Non so quanti derby ho giocato, 150 o 200, sono sempre state partite speciali per me, ho vinto, pareggiato o perso ma con un modo diverso di viverla. Per un tifosi del Chelsea giocare contro l’Arsenal è diverso che giocare col City. Per l’interista giocare con la Juve è diverso che giocare contro la Roma. E a Roma ho capito cosa significa il derby. Il derby che abbiamo vinto è un derby pesante, perché ci sono derby con vittorie e sconfitte, ma anche derby con umiliazioni e senza umiliazioni. Il derby che abbiamo vinto è di umiliazione, perché dopo 20 minuti 3-0 e partita finita. I derby persi sono sempre stati per dettagli, errori, e sempre con dignità, con la testa pulita. Anche in 10, in cui siamo andati fino all’ultimo secondo. E anche con questo feeling per cui qualcuno doveva dare di più, abbiamo rischiato di pareggiare alla fine con due grandi occasioni. L’orgoglio di lavorare per la Roma ed essere romanisti è presente qui a Trigoria, ma è in campo che devi mettere negli occhi della gente questo atteggiamento extra di andare contro tutti. Capisco bene che la gente non è contenta per qualche situazione che per me è fuori dal contesto. Perché è uno sport collettivo, dove l’atteggiamento di uno ha conseguenza su quello degli altri. È responsabilità mia ma anche dei giocatori. E non sono nella situazione di dire ‘tu non giochi, gioca un altro’. Andremmo a giocare con 15-16 giocatori. È una situazione multi-fattoriale. Qui dentro, e quando parlo qui dentro penso sempre che resti qui mentre qualche volta esce e non è vero quello che esce o altre volte è vero. Qui dentro non risparmio neanche me stesso. Per chiedere un alto livello dai giocatori, devo mettermi in una posizione in cui posso mettermi in una certa posizione. Anch’io devo fare autocritica. Io mi sono identificato in una partita in cui non ero contento di me stesso. Quando vado in partite in cui ho il 100% di certezza che il mio lavoro è fatto bene, dopo mi sento tradito da qualche situazione individuale che punisce la squadra. Noi abbiamo avuto due periodi difficili in questa stagione. Il primo nelle prime tre di campionato, abbiamo fatto 1 punto, c’erano infortunati e non avevamo giocatori. Ora abbiamo 4 punti di differenza dalla Champions. Quattro punti. Ne abbiamo persi 8 in 3 partite dove non c’era la squadra per giocare. Ora c’è questo periodo con Atalanta, Fiorentina, derby, Milan, Juve con una squadra ridotta. Se qualcuno dimentica questo nostro momento è una cosa pazzesca, non giusta. Anche con la Cremonese, bisogna vedere con quale difesa l’abbiamo finita. E qual è la difesa di oggi? Kristensen che è un terzino, Mancin iche non si allena da un mese, un bambino, Llorente che non so se gioca domani. Se la gente vuole ignorare questa situazione non è giusto. Io qui devo difendere il nostro gruppo, inclusa la gente che non ha un livello sufficiente. Ma è un gruppo di gente seria, che soffre quando il risultato non è quello aspettato. Siamo a 4 punti dalla Champions, che tutti direbbero un obiettivo impossibile se non fossimo noi. Perché se paragoni le rose delle prime 4 non sono paragonabili con noi. Ma siamo noi. I tifosi più incredibili mai visti, c’è un allenatore il cui nome fa pensare a Harry José Mourinho Potter e non José Felix e alza subito il livello di esigenza e aspettativa. Ma noi lottiamo per qualcosa di molto difficile. E noi saremo lì a metterci la faccia come sempre. Mi dispiace non essere in panchina, sarò in tribuna in un habitat in cui non sono benvenuto. Ma farò il mio lavoro come posso. Andiamo con tutto quello che abbiamo. Con la certezza che i ragazzi daranno tutto, anche loro soffrono se il risultato non è positivo”.
Dybala c’è?
“Non lo so, penso di no”.
Ha detto che quando è uscito Dybala mercoledì qualcosa nei giocatori è cambiato. Ma Dybala gioca una partita sì e una no storicamente, come si risolve questo problema? È un problema di testa?
“Trovare soluzioni per giocare senza Dybala non è esattamente lo stesso che per Guardiola trovare soluzioni quando non gioca Haaland, perché ha Alvarez. Pochettino se non ha Sterling ha Mudryik, Klopp se non ha Luis Diaz gioca Jota e quando non gioca lui c’è Darwin. Non è lo stesso. Ripeto: non sto incolpando nessuno, incolpo solo chi non capisce. La Roma vive una situazione dal punto di vista del Settlement Agreement che impone grandi limitazioni e questo si vede nel campo, durante la stagione nelle difficoltà quando ci sono problemi. Non c’è modo di nasconderlo. La Roma ha fatto uno sforzo economico per avere Smalling e non ce l’ha e non può averne un altro. La Roma ha fatto uno sforzo economico per avere Renato Sanches, ma non c’è e non possiamo averne due, perché i paletti del FFP non ti permettono di avere un altro come lui. Dybala è un giocatore veramente speciale che negli ultimi anni ha giocato in una squadra che aveva giocatori speciali come lui. Qui è un giocatore che non è sostituibile. Contro la Fiorentina sembrava una partita da 3-0 dopo 20′, senza siamo andati in difficoltà. Non è Belotti che fa connessione, non è El Shaarawy, non è Joao Costa, che sarà convocato, ma non ha la qualità di Paulo per fare quella connessione lì. Se qualcuno non vuole capire che senza Dybala la Roma è una squadra diversa non posso dire altro”.
Prima ha parlato di delusione verso alcuni singoli e che se potesse sostituirli, lo farebbe. Ci saranno scelte importanti dopo il Derby, qualcuno resterà fuori, oppure giocheranno sempre gli stessi? Qualcuno verrà punito?
“Non è la parola giusta punizione. La squadra non sarà la stessa. Paulo non gioca e non è la stessa. Farò qualche cambio, ma non esiste né l’intenzione di punire né mettere attenzione su un singolo. C’è l’intenzione di costruire un puzzle fisico, tattico e mentale che ci permetta di competere là. La squadra più tattica di solito è la squadra con meno capacità a livello tecnico, perché quando quello è alto sviluppi principi per far esprimere il potenziale ai giocatori. Noi ora ci concentriamo sul nostro gioco e sul dettaglio che può fare la differenza. Siamo una squadra che va verso una strada definita, sono i principi sui quali lavoriamo in campo. Siamo pochissimi. Azmoun è fuori, Paulo è fuori, però niente, io sono qua con voi perché non lo sarò dopo la partita. Durante la prossima settimana non sarò qui e sono qua per rispondere per qualche domanda ed esprimere ai tifosi quello che avete detto prima. Se c’è bisogno di qualcuno che possa dare spiegazioni ai tifosi sono io”.
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