Guardi la Roma e dici: ma è allenata da José Mourinho, lo Special? Alla fine non si capisce chi abbia normalizzato chi. La stagione dei giallorossi, al momento, è mediocre, ma diciamo normale, se non altro visti gli ultimi standard. E nessuno se lo aspettava, visto che la ripartenza era stata affidata a un tecnico Special, che il popolo romanista ancora ama e a lui continua ad aggrappare le proprie speranze per il futuro, scrive Il Messaggero.
Mou ha le sue buone ragioni nel far notare alla proprietà (e al mondo) come la squadra non sia all’altezza ed è proprio lui il garante di grandi acquisti. Tre anni insieme, come dice il suo contratto. Il problema è prendere atto della situazione, vivere e considerare la stagione di transizione e aspettare. A meno che non salti il banco, ma questa è un’ipotesi al momento non percorribile.
Mou resta al suo posto e si continua così, lavorando sui miglioramenti e sul progetto triennale. Ma quello che sta succedendo merita un approfondimento. I numeri non sono confortanti e la stagione della Roma, con Mourinho in panchina, rischia di finire senza titoli. Possibilità sulla quale si scommette anche. E come riportato da agipronews, i betting analyst di Goldbet, vedono poco probabile che i giallorossi possano vincere la prima edizione della Conference League che infatti ha una quota pari a 6, mentre il mancato successo è quotato a 1,10.
La Roma era partita alla grande: tre vittorie di fila in campionato, entusiasmo alle stelle. Scudetto no, questo ha sempre detto Mou, ma lottare per il quarto posto sì. E invece, niente. Sotto questo aspetto, la stagione è finita prima di quella passata: Fonseca è crollato da fine gennaio in poi (guadagnando all’ultima giornata un posto in Conference) e la sua Roma è arrivata in semifinale di Europa League, eliminata e umiliata dallo United e dallo Spezia in Coppa Italia.
Questa, è lontano/fuori dalla lotta per il quarto posto da un po’, è out dalla Coppa nazionale e in corsa per la Conference. Rispetto al primo anno di Fonseca, i punti sono gli stessi, se la paragoniamo al secondo, ci sono cinque punti di differenza a favore del portoghese meno vincente. Questa squadra fatica a imporsi e soffre con chiunque.
Rari sono gli exploit: Bergamo lo ricordiamo tutti e il tris a inizio stagione pure. Per il resto, male negli scontri con le big (un solo punto, quello con il Napoli, con le prime quattro della classe), tre con l’Atalanta (quinta), zero con la Lazio (sesta come la Roma). La squadra di Mourinho ne ha tre in più della Fiorentina, che però ha una partita in meno. In questi mesi, non c’è stata una crescita, né come squadra né come singoli. L’involuzione è generale, non a caso ha perso in campionato nove partite, quasi un terzo (in Conference c’è l’onta di Bodo, da dove forse è cominciato il buio).
I numeri non sono migliori se si guarda il rendimento con le così dette piccole: proprio da Verona è partita la parabola discendente, con una sconfitta inaspettata e bruciante. Per non parlare poi della cadute con Venezia e Bologna, con i pareggi insipidi con Sampdoria e Genoa. L’assenza prolungata di Pellegrini, cinque gol e due assist in campionato nelle prime dieci giornata, aiuta un po’ a spiegare, ma non spiega tutto.
I problemi, che derivano in parte da questioni arbitrali, sono sparsi in ogni zona del campo, dalla difesa (trenta gol subiti) e quelli in attacco, dove va molto bene Abraham (diciassette gol totali) ma Zaniolo, suo compare lì davanti, è fermo a due reti in campionato, quattro tutto compreso. I rinforzi voluti da Mou, Sergio Oliveira e Maitland-Niles, si stanno assestando e la speranza è che non cadano pure loro nella normalità.
C’è molto da lavorare per il futuro, il mercato farà la sua parte. Sperando di parlare meno di arbitri, altro capitolo che può spiegare la discesa della Roma. Pure a San Siro, un altro episodio che ha fatto arrabbiare Mou e dal quale è scaturito il gol di Sanchez. «Ha fatto una rete bellissima, che ha cambiato la direzione della partita. Però a inizio azione c’era un fallo e l’arbitro doveva andarlo a rivedere al Var», così José. Parole che dopo la prestazione di San Siro rischiano di suonare come (l’ennesimo) alibi.
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