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Pellegrini: “La storia parla per Mourinho. I cavalli si vedono all’arrivo e io sono fiducioso”

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Lorenzo Pellegrini ha rilasciato un’intervista al settimanale Sportweek e lo ha fatto in compagnia di sua moglie Veronica Martinelli. I due hanno parlato di tanti temi, ma il capitano della Roma si è soffermato a lungo anche sulle cose di casa giallorossa. Le parole della coppia:

Credete nella sfortuna? L’Europeo saltato per infortunio, la Roma di Mourinho che pare al di sotto delle aspettative.
Lorenzo: “Non ci credo. Credo però nelle energie. Sono fissato. Ogni tanto leggo qualche libro su questo, l’ultimo è “La tua mente può tutto”. Nella vita i momenti difficili ci sono, ma penso che non esista una realtà scritta. Si può cambiarla con lucidità e positività. Perciò iniziamo così: io credo che le cose andranno sempre meglio”.
Veronica: “Un po’ mi fa ridere quando parla di queste cose, ma in fondo anch’io ci credo”.

Da ragazzo hai compiuto il Cammino di Santiago per arrivare a Compostela. Com’è stato?
L: “Bellissimo. L’ho fatto con una comitiva guidata da un parroco, Don Luca, cui voglio bene. Avevo 14 anni e mi pare che percorremmo a piedi gli ultimi 180 km. Un’esperienza totalizzante”.

Se la Roma vincesse lo scudetto, sarebbe disposto a ripeterlo?
L: “Certo. E anche a fare molti chilometri in più”.
V: “Io non l’ho fatto perché non stavamo ancora insieme, ma mi piacerebbe. Potrebbe essere l’occasione giusta”.

Varrebbe anche per il Mondiale, se ci andiamo?
L: “Si deve andare. Purtroppo, per i nostri demeriti, abbiamo imboccato una strada difficile. Ne parliamo tra noi della Nazionale nel gruppo su WhatsApp. Pensavamo di avere in mano la situazione e invece…”
V: “A me piacerebbe anche seguire Lorenzo in Qatar e portare i bambini con me, non ci sono mai stata”.

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Senza Mondiale, ne uscirebbe ridimensionata anche la vittoria dell’Europeo?
L: “Non credo. L’Italia non ha vissuto solo per un mese, ma per un anno e mezzo le esperienze di un gruppo nuovo. Per quanto mi riguarda, i playoff sono uno stimolo: marzo può essere un’occasione per riprendermi quello che ho perso, anche se io mi sento parte del gruppo campione d’Europa. Tutte le difficoltà superate durante la qualificazione fanno parte del percorso. Poi è normale che i compagni abbiano vissuto un mese eccezionale e io abbia solo tifato per loro”.

Com’è l’umore di un calciatore a casa dopo una sconfitta?
V: “Sicuramente Lorenzo è migliorato. Prima perdeva una partita, rientrava a casa e non mi rivolgeva la parola. Ora ha maturato questo spirito positivo che gli consente di affrontare le cose. E poi ci sono i bambini…”
L: “A caldo è sicuramente dura. Poi quando ti vengono incontro i figli sei costretto a interagire. Come puoi non farlo?”

Uno studio americano dice che, in caso di sconfitta, si ha meno voglia di fare l’amore: vero?
L: “Può essere. Non è una questione di voglia, forse, ma di emozione. Se provi un sentimento negativo, non hai voglia di gioire, diciamo così”.

Come tante famiglie in vetrina, anche voi avete avuto un rapporto complesso con l’aggressività dei social.
L: “A me non dà fastidio quello che dicono su di me, sulla mia famiglia e i miei figli sì. Tanto”.
V: “Sui social non c’è più limite”.
L: “Ne ho parlato coi compagni anche in Nazionale. Forse è giusto che ci sia l’obbligo di presentarsi con nome e cognome. Confrontarsi è anche bello, ma bisogna farlo assumendosi la responsabilità di ciò che si dice”.

Quando lei non è partito per Genova, in occasione della nascita di suo figlio, molti tifosi hanno postato commenti sgradevoli.
L: “Forse per alcuni non siamo uomini. Ho tenuto un aereo bloccato finché ho potuto, ma per privacy non desideravo dire cosa stesse accadendo. Nella vita si devono fare delle scelte. Volevo essere in tutti e due i posti, però mia moglie aveva bisogno di me, perciò rifarei tutto. È stata una situazione particolare”.
V: “E intensa”.
L: “La cosa che mi darebbe più fastidio non è comportarmi come dice la mia testa per assecondare altri. Non è bello sentir dire che si è persa una partita perché io non sono andato. Non lo è neanche per i miei compagni”.

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È difficile essere la moglie di un calciatore?
V: “No. So che posso essere criticata anche per falsità. Leggo e non do peso, anche se certe parole possono dar fastidio”.

Purtroppo il Covid ha rialzato la testa: come state vivendo questo periodo?
V: “In famiglia l’abbiamo preso tutti. Ero incinta, ma ero preparata: nella Roma si erano contagiati in tanti e anche Lorenzo. Per fortuna a noi è andata bene, ma in questo momento non ci può essere priorità se non la salute pubblica, anche se i tifosi ci mancano”.

Sempre sui social, Lorenzo ha avuto problemi anche per via dell’amicizia con Immobile.
L: “Non me la prendo e, in fondo, la capisco anche questa cosa. O meglio: non la capisco, ma fa parte del gioco. So che rivalità ci sia e, se uno me lo fa notare, va bene. Ciro è un ragazzo eccezionale e siamo legati anche con le famiglie, però quando scendo in campo è un’altra cosa. Se giocassi contro mia madre, diventerebbe un avversario, farei fallo pure a lei. Non ho fatto niente di sbagliato, ma non me la prendo se i tifosi si arrabbiano per una foto con Ciro. È diverso dall’episodio della nascita di mio figlio”.

Essere capitano della Roma è un onore, ma anche un onere?
V: “Per me lui è sempre Lorenzo, così come io sono Veronica. Non noto differenze nell’approccio dei nostri amici”.
L: “A noi piace la semplicità in cui viviamo, ma per me le cose sono cambiate. La fascia è una responsabilità, in campo e fuori. La mia sta anche nel far capire ai nuovi che questa non è una maglia qualunque e la Roma non è un posto di passaggio”.

Be’, per molti campioni, da Alisson a Salah, in questi anni lo è stato.
L: “Questo è un discorso più ampio. Le cose stanno cambiando. Comunque anche in passato ci sono stati tanti che volevano restare a tutti i costi e non lo hanno potuto fare, ma queste cose non devono competerci. Io faccio riferimento allo spirito che deve animare chi arriva a giocare nella Roma”.

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Essere capitano dopo Totti e De Rossi è difficile?
L: “Ho vissuto lo spogliatoio con Daniele e ho avuto un rapporto incredibile con Francesco nonostante avesse smesso. Loro sono stati grandi esempi. Soprattutto nell’approccio con chi arrivava dalla Primavera”.

Non è strano che siano fuori dalla Roma?
L: “Penso che sia strano per tutti. Sono state due leggende e per il rapporto che ho avuto con loro dico che mi piacerebbe vederli ogni giorno a Trigoria. Ma penso anche che sia da rispettare le scelte che hanno fatto. Hanno intrapreso un percorso e non gli stanno regalando nulla, anche se si chiamano Totti e De Rossi”.

Primo luogo comune: è stufo di sentire dire che uno scudetto a Roma ne vale dieci altrove?
L: “Sì. Questa frase fa parte della mentalità da cambiare. Se lo vinci e sostieni che ne vale dieci, significa che pensi sia stato un caso vincerne uno. La Juve ha vinto tanto per la loro mentalità, noi ci siamo avvicinati ma ci è sempre mancato qualcosa. Dobbiamo fare uno scatto in avanti”.

Altro luogo comune: il calciatore è un superficiale che pensa solo a donne e automobili.
L: “È un luogo comune, ma ad esempio di politica o di temi sociali è vero che parliamo troppo poco, anche in casa, e sbagliamo, perché spesso c’è in ballo il futuro dei figli. Ma tutto nasce dalla base. Da piccolo io vivevo le cose in modo diverso. Ora sento troppo spesso ragazzi che vogliono diventare calciatori per i soldi e per le donne. Per me non era così, c’era più la dimensione del sogno. Magari ero ingenuo io. Ora vedo genitori che mettono pressione ai figli e questo mi dispiace”.

Dicono che lei sia un rosicone sulle pagelle?
L: “Sono rosicone in tutto”.
V: “Confermo. Lui non può perdere, dev’essere il migliore, ma è una cosa positiva”.
L: “Nessuno mi ha regalato niente. Anche a carte con mia moglie o mia figlia, voglio vincere. Se mi battono è perché lo hanno meritato”.
V: “Confermo”.

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Pare avere uno spirito alla Mourinho. Dopo la sconfitta con l’Inter ha detto che dovete seguirlo di più.
L: “Mi identifico molto in quello che dice. La sua storia parla per lui. È venuto a Roma per trasmetterci la sua mentalità, ma ora contano i fatti. Dobbiamo lavorare ogni giorno meglio. Lui però si arrabbia per un pallone non dato, per una rincorsa non fatta. Mai sentito arrabbiarsi per un errore tecnico”.

Che cosa stanno portando i nuovi acquisti?
L: “Maitland-Niles è arrivato il sabato e il giorno dopo ha giocato con la Juve, dimostrando già di essere pronto. Oliveira non ha bisogno di presentazioni: ha tutto per affermarsi in Serie A”.

Ma si sarebbe immaginato tutte queste difficoltà? Siete indietro rispetto alle aspettative.
L: “I cavalli si vedono all’arrivo e io sono fiducioso”.

A Roma si è parlato molto di arbitri.
L: “E invece bisogna fare un passo indietro, perché nessuno ce l’ha con noi. Anche io mi sono lasciato troppo andare negli atteggiamenti. Certo, spero che episodi come quello con il Milan non si ripetano, perché ci aspettiamo che tutto col Var sia perfetto, ma occorre cominciare ad avere un atteggiamento migliore con loro”.

Sono molto diversi Mancini e Mourinho?
L: “Sì. Mourinho ti trasmette qualcosa che, se non hai, comunque viene fuori. Mancini ti dà serenità, così rischi una giocata che altrimenti non rischieresti. Mourinho chiede molta verticalità, Mancini cerca più il possesso palla per avere la partita in controllo. Una volta, ad esempio, stavamo facendo un esercizio a Coverciano e lui ci chiamò tutti in mezzo al campo. Ho pensato “Adesso ci rimprovera”. E invece ci disse: “Ragazzi, ma siete bravissimi! Dovete credere di più in voi stessi”. Ecco, Mancini comunica tranquillità”.

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Da grande, meglio commentatore tv o allenatore?
L: “Fare il commentatore mi piacerebbe”.
V: “Io lo vedrei proprio bene”.
L: “In panchina per ora dico no, ma ho visto molti compagni che prima dicevano di non volerlo fare e poi hanno cambiato idea. La difficoltà è rinunciare all’adrenalina della partita. Noi da piccoli conviviamo con questa necessità. Per questo poi, quando smetti, si rischia la depressione. Ad esempio, chi smette e prende subito venti chili denuncia già un sintomo”.

Quando è stato ceduto al Sassuolo, era convinto che sarebbe tornato alla Roma?
L: “Era il mio obiettivo, una sfida. Il club aveva quella recompra che i miei agenti si erano inventati. Era un controsenso: mi hai venduto a un milione e mi ricompri a dieci? Lì è stato bravo Massara, che mi ha rivoluto”.

Massara a Roma è stato sottovalutato?
L: “Secondo me, sì. Con Ricky avevamo un ottimo rapporto, io credo che per un d.s. sia importante instaurare una relazione con lo spogliatoio. Che è anche quello che ha fatto Pinto in questi mesi”.

Voi due come vi siete conosciuti?
V: “Tramite amici comuni, poi qualche like su Facebook. Avevamo 16 anni, io ero di Casal Palocco e lui di Cinecittà. Faceva molti chilometri per accompagnarmi perché non voleva che mi spostassi senza di lui”.
L: “Non mi piaceva che tornasse da sola sull’autobus”.

Dopo quanto tempo vi siete fidanzati?
L: “Dopo poco”.
V: “E dire che nei primi messaggi mi diceva che non si sarebbe mai voluto fidanzare, tant’è che io pensavo: “Ma che usciamo a fare?”. Poi è arrivato il primo bacio al Laghetto dell’Eur. Si è innamorato prima lui, un colpo di fulmine”.
L: “Se voglio una cosa mi ci butto a capofitto. Poi magari sbaglio. In questo caso non ho sbagliato”.

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Siete gelosi?
V: “Io di più. Da piccola mi arrabbiavo di più per sciocchezze, ma in fondo c’è fiducia”.

Un tradimento sarebbe la fine del mondo?
V: “Ora dico sì. Poi le cose vanno vissute”.
L: “Io invece dico sì, ora e sempre”.

Lorenzo, lei da ragazzo ha avuto un problema al cuore: eravate già fidanzati?
L: “No, l’ho conosciuta proprio nel periodo in cui ero fermo e avevo paura di smettere. Le ho sempre detto che è stata lei a guarirmi il cuore”.
V: “Certo, mi avevi conosciuto”.

Fareste mai un reality?
L: “No, li odio”.
V: “Non siamo i tipi. Io ogni tanto li vedo e lui mi rimprovera”.
L: “Le dico che si sta facendo una cultura…”

Come siete messi a tatuaggi?
V: “Ci piacciono. A lui di più, ma ne abbiamo diversi in comune”.
L: “Uno solo, la corona”.
V: “No, la scritta “Ti amo”, la data del matrimonio… Tu hai anche il mio volto tatuato!”
L: “I miei raccontano tutti qualcosa. Vorrei fare una specie di mappamondo sulla mia schiena. Disegnare le tappe della mia vita, con i posti che mi hanno lasciato qualcosa. Guardi, sul collo ho un motto in persiano. E’ una storia incredibile. Volevo tatuarmi una frase che mi aveva colpito nel docu The Last Dance su Michael Jordan. Ebbene, negli stessi giorni ho visto su Pinterest questa scritta in persiano e l’ho fatta tradurre. Pazzesco, la frase coincideva con quella di Jordan: “Credi in te stesso perché nessuno lo farà per te”.

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Lorenzo, in vista dei prossimi obiettivi, ha ancora spazio per qualche tatuaggio vero?
L: “Certo. Se vinco il Mondiale o una Champions con la Roma, entrano di sicuro nella mappa. Sono ottimista. Vedrà che intanto andremo sia in Qatar che in Champions. Io ci credo”.

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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