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Striscioni e cori per ‘Mister Triplete’. E dopo Mourinho ironizza: “Bravo l’arbitro”

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Non lo hanno dimenticato. D’altronde, come avrebbero potuto? La storia nerazzurra è passata attraverso le sue idee e le sue parole; per questo già all’annuncio delle formazioni un boato ha accolto l’annuncio del suo nome che rimbalzava feroce tra le pareti di San Siro, causa pandemia scarnificate dal pubblico delle grandi occasioni, scrive La Gazzetta dello Sport. Lui, José Mourinho. L’uomo del Triplete, il re taumaturgo che guarì l’Inter da quel senso d’incompiutezza a cui sembrava condannata.

Quasi 12 anni dopo quel 9 maggio 2010 che cominciò a consegnarlo ai rimpianti, è tornato. Per questo, nella pancia dello stadio, prima e dopo la partita c’è un pellegrinaggio di cuori nerazzurri – dirigenti storici, ex calciatori, addetti di ogni ordine e grado – che vanno ad omaggiarlo, cominciando ogni discorso con un «ti ricordi?». 

Sì, si ricordano tutto. Così alle 20.57 appare in Curva Nord la scritta: «Bentornato a casa José», scritto rigorosamente in nero e azzurro. Poi parte il coro: «José Mourinho, la la la la» e tutto lo stadio canta e applaude. Appena si spegne l’ultima nota, prende quota un altro coro: «Uno di noi, Mourinho uno di noi». 

In quel momento, abbracciato a Simone Inzaghi, l’allenatore portoghese entra in campo e lo stadio trema. Mou sembra essere emozionato fino alla punta dei capelli diventati grigi. Si bacia la punta delle dita e fa ciao alla tribuna che lo applaude, quindi si volta e saluta la Curva Nord, mentre gli striscioni che ricordano i successi interisti cominciano a prendere vento.

Al fischio d’inizio, però, la bacheca si fa da parte, lasciando al portoghese la libertà di essere l’allenatore della Roma. Così si agita, sbraita, protesta. È sempre sulla linea del fallo laterale, raccattando palle in ogni momento, anche perché Dzeko, dopo meno di due minuti, lo ha messo subito sott’acqua. L’interismo, così, si annacqua tra le tensioni di una normale partita, tanto che alle 21.49, in pieno recupero, Mourinho subisce un’ammonizione dopo il “giallo” comminato a Mancini. 

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Nella ripresa le proteste s’intensificano, soprattutto dopo il contrasto fra Oliveira e Vidal, da cui nasce il raddoppio. Il colloquio con il guardalinee Galetto è tempestoso, ma non cambia nulla, se non il ko di Abraham che rabbuia ancora di più la Roma. Resta solo il racconto finale. «Io ero venuto qui per vincere, anche se l’aspettò emozionale è stato forte – spiega Mourinho -. L’accoglienza del pubblico, l’incontro col signor Zhang, Marotta e Zanetti: fantastico. Mi sono emozionato». 

Poi però la partita ha sparigliato. «Tranne i primi cinque minuti, la Roma ha giocato molo bene. Nel primo tempo abbiamo avuto due opportunità per segnare. Nella ripresa la partita mi sembrava dalla nostra parte anche se senza creare opportunità». La svolta, naturalmente, è arrivata col raddoppio, e allora Di Bello entra nel mirino. «Il secondo gol ha cambiato la gara e l’arbitro, che tatticamente è stato bravissimo, ha fatto una partita fino al 2-0, poi un’altra». 

Sulla sua ammonizione fa del sarcasmo: «Per il suo curriculum vitae è una cosa bella un’ammonizione a Mourinho». Ma dove entra ancora duro è su Zaniolo. «Non ne parlo più. Tanto non cambia, è così dall’inizio della stagione e non cambia. Per questo ho detto che l’arbitro è stato tatticamente molto bravo. Tanti gialli che c’erano non sono stati dati, per noi invece è troppo facile. Dopo il 2-0 la partita è stata un’altra e si può fischiare in un altro modo. Solo un arbitro di qualità può fare questo, lui è un arbitro di qualità».

I titoli di coda sono sul regalo che l’Inter ha fatto allo Special One. «Una riproduzione di San Siro in argento e cristallo, con su scritto: “Sarà sempre casa tua”. Lo sapevo, ma non voglio che la gente dimentichi che ora la Roma è casa mia: amo la mia Roma e sono molto triste perché abbiamo perso questa partita». Per soffrire di nostalgia, in fondo, ci sarà ancora tempo.

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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