Ripartire. È la volontà di Mourinho, la speranza della proprietà Usa, la certezza di Pellegrini. Dopo il rodaggio di San Siro (20 minuti), a Reggio Emilia Lorenzo torna a guidare la Roma. Un rientro non banale, scrive Il Messaggero. Come special fu la consacrazione di José il 25 agosto, alla vigilia della prima partita ufficiale all’Olimpico contro il Trabzonspor: «Capisce il calcio, è intelligente. Se ne avessi tre in squadra, li farei giocare tutti». 

Domani si accontenterà di averne uno. Quello originale. A Mou basta la presenza. Con Lorenzo in campo la manovra è più fluida e la squadra certamente più pericolosa. I numeri dei gol segnati non regalano bene la percezione. Perché nelle 15 gare nelle quali è partito titolare in campionato, la Roma ha segnato 26 volte (media 1,7). Nelle 9 in cui non c’era 14 (1,5). Sottigliezze statistiche che tuttavia assumono altro risvolto se si analizzano proprio le 9 partite nelle quali il Capitano giallorosso è stato out. In 3 di queste (Bologna, Inter e Genoa), la squadra è rimasta a secco. 

Diventano quattro, considerando anche il match di Coppa Italia dell’altra sera nel quale è subentrato già sul 2-0, a match chiuso. Considerando che soltanto altre due volte la Roma in stagione non ha segnato (Napoli e Juventus), vien da sé l’importanza che riveste Lorenzo nei meccanismi offensivi. Il ruolo non conta. Mezzala, trequartista, in appoggio alla punta: l’importante è che ci sia.

Pellegrini riparte dunque dal Sassuolo, il suo passato, la squadra che lo ha fatto conoscere in serie A, prima di essere ricomprato dalla Roma per 10 milioni. Da fine novembre, è stato un continuo stop and go. Prima un mese di stop per la lesione al quadricipite destro rimediata in Roma-Torino. Infortunio serio, probabilmente conseguenza diretta dell’infiammazione al ginocchio della stessa gamba con cui ha convissuto a lungo. Poi, la voglia di esserci contro Milan e Juventus, ha probabilmente accelerato i tempi del rientro. 

Il 27 dicembre si è presentato in anticipo a Trigoria, tagliandosi le ferie (i compagni sono tornati il 31 ma hanno poi ripreso l’1 gennaio), per avere la certezza di tornare a disposizione per il doppio big match. Generosità che ha pagato, fermandosi nel riscaldamento di Roma-Cagliari, dopo aver calciato un pallone. Una smorfia, prima di sedersi in panchina per un risentimento alla cicatrice del precedente incidente. In pratica un’infiammazione che lo ha fermato per altre tre settimane. 

Nonostante gli infortuni, Pellegrini è ancora il secondo marcatore stagionale della squadra con 9 reti (6 in A), realizzati in 21 presenze (Conference League compresa). Ma banalizzare il peso di Lorenzo soltanto con i gol sarebbe riduttivo. C’è una Roma con Pellegrini e una senza. E la fotografia arriva dalla partecipazione al gioco in fase offensiva del nazionale azzurro. Nonostante il doppio stop, rimane sesto nella classifica dei passaggi-chiave (quelli che permettono di arrivare al tiro) in serie A (39), dodicesimo in quella dei tiri (53), undicesimo in quella dei chilometri percorsi (media 10,8 chilometri), con 4 assist. 

Pellegrini viaggia in campionato ad una media di 3,5 tiri, 2,9 passaggi-chiave e 1,7 dribbling. Numeri che non spiegano l’importanza nello spogliatoio. Lorenzo è diventato ormai un punto di riferimento. Una guida silenziosa. Perché non sempre serve urlare per farsi seguire. Lo ha dimostrato nel post-Bodo, rassicurando i compagni presi di mira da Mou. E lo ha confermato negli ultimi due giorni, provando a spegnere il malumore nato nella squadra per la sfuriata del tecnico finita sui media.



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