Colpirsi al cuore, e in assoluto dove fa più male, sui punti deboli. Dare corpo alle voci di popolo, ai sospetti, alle calunnie che sono un venticello quindi si infilano ovunque, nelle chiacchiere da bar e pure in quelle delle lounge degli aeroporti, fino alle segrete stanze. Far venir fuori tutto, menando molto poco bostoniane randellate, e beccarsi rispostacce piccate da Milano, poi scusarsi ufficialmente, e intanto rimanere della propria idea, ci mancherebbe altro, l’importante era il messaggio. James Pallotta attacca il Milan da Boston (ma molla fendenti pure ai suoi ex collaboratori Spalletti e Sabatini), Marco Fassone risponde da Milano e intanto allude anche lui a questioncelle scottanti in casa della Roma. Si parla di denaro, del famigerato Fair Play Finanziario dell’Uefa che lacrime e sangue impone ai club italiani mentre altrove, tipo nelle proprietà arabe, è tutto un fiorire di ricavi creativi eppure supinamente accettati. E si parla, in controluce, della guerra tra le sfidanti della Juventus, hai visto mai che dopo sei scudetti consecutivi le cose cambino in fretta, allora meglio prendere posizione, sgomitare, scalciare come cavalli del Palio tra i canapi.
Insomma, tutta un’estate a chiedersi in giro e a sussurrare: ma come fa il Milan a spendere così tanto e ad avere un piano di rientro accettabile con l’Uefa? Oppure: come mai la Roma cede così tanti giocatori, e qual è la sua reale situazione debitoria? Ci pensano James Pallotta, presidente della Roma, e Marco Fassone, ad Milan, a mettere in piazza tutto. Attacca Pallotta, in una telefonata giovedì sera con la radio Sirius XM, dove ribadisce che se a Roma non farà lo stadio se ne andrà, poi asfalta il Milan con un’irritualità che farà rumore: «Non hanno i soldi per comprare la squadra, visto che hanno preso 300 milioni in prestito da persone che conosco a Londra (il fondo Elliott, ndr), a un interesse piuttosto alto. Stanno spendendo per giocatori e pagheranno le conseguenze a un certo punto. Sono gli unici in Serie A che stanno perdendo la testa». Risponde più tardi Fassone: «Sono allibito: perché è inusuale che un club attacchi una consorella e per le imprecisioni contenute nelle dichiarazioni. Sono pronto a confrontare i bilanci dei due club». Poi la stilettata: «Il livello di indebitamento del Milan rispetto al fatturato è straordinariamente migliore in percentuale della Roma, che essendo quotata in Borsa, ha un bilancio pubblico…». In serata Pallotta cede: «Mi scuso, avevo informazioni imprecise. Auguro al Milan le migliori fortune», ma dal club trapela che Pallotta rimane della sua idea, perché si sostiene che i numeri forniti da Fassone sarebbero inaccurati e che la preoccupazione per le spese del Milan rimane. Ma era un Pallotta di cattivo umore, che dopo aver criticato Sabatini («Pensava solo a scambiare giocatori») si prende la risposta pure del suo ex dirigente: «Ho prodotto 120 milioni di introiti, Pallotta è inebriato dell’idea di se stesso». E non finisce qui, vedrete.
(La Repubblica – A. Sorrentino)
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