La Roma è una serie di interrogativi che non hanno risposte. Del tipo, dove sta andando il mondo? Non è la gente a non sapere, sono per primi gli amministratori del cosiddetto asset a non poter tracciare un percorso progettuale attendibile, come hanno svelato nella recente relazione consegnata agli azionisti. Colpa del Covid, certo, ma anche degli errori gestionali di cui Guido Fienga si è già assunto le responsabilità. Per conto proprio e non solo.
I dati finanziari pubblicati nei giorni scorsi, certificando perdite per 126 milioni nei primi nove mesi della stagione 2019/20, hanno creato malumori tra i tifosi, che già nei giorni scorsi avevano srotolato scriscioni davanti alla nuova sede di Viale Tolstoj. Ieri notte ne sono comparsi di nuovi, di tenore orribile, anche davanti a Trigoria, stavolta con James Pallotta come unico destinatario. Il presidente non si scompone e anzi attribuisce alle imperfezioni dei media le responsabilità dell’umore popolare (del resto, dall’area comunicazione partono in continuazione screenshot che servono a screditare il cronista di turno). Ma il rifiuto all’offerta di Friedkin per l’acquisto della società, abbinato alla scelta poco filantropica di prestare denaro alla Roma attraverso lo “sconto” sui crediti futuri, ha alimentato il malessere verso un imprenditore simpatico ma non empatico. Da due anni Pallotta ha deciso di non farsi più vedere in città, demandando ai manager che si sono alternati al potere una transizione più lunga del previsto.
(Corriere dello Sport)
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