Rileggendolo ora, Spalletti non bluffava. Lunedì, 18 luglio, ritiro di Pinzolo. Il tecnico s’intrattiene con gli inviati dei quotidiani al seguito della Roma: «Dzeko? Per me è il nostro centravanti». Nemmeno una parola in più. Detto, fatto. Nelle prime quattro gare stagionali, Edin ha giocato sempre, partendo titolare in tre occasioni e subentrando all’inizio della ripresa nella quarta. Per lui, Lucio ha rinunciato addirittura al modulo che tanto aveva fatto bene nella passata stagione. E siccome l’allenatore non è un masochista, sta a significare che negli occhi di Dzeko deve aver visto una scintilla diversa rispetto allo sguardo spento del girone di ritorno dello scorso campionato. Eppure nonostante l’avvio di stagione del bosniaco (tra amichevoli estive e prime partite ufficiali) sia stato certamente positivo, l’attaccante finisce regolarmente sul banco degli imputati.
EQUIVOCO DI FONDO Il problema forse è a monte e va ricercato nelle aspettative che l’acquisto di Dzeko aveva creato. L’arrivo del bosniaco è stato infatti presentato alla piazza associandolo a quello di Batistuta nel 2000-01. Ed è normale che nell’immaginario popolare sperare che l’ex City rappresentasse quello che è stato l’argentino si è rivelato una logica conseguenza. Edin però non è mai stato (e mai sarà) un centravanti come Batistuta. Non si tratta di preferire il primo o il secondo, ma di soffermarsi sulle peculiarità tecniche e caratteriali. Paradossalmente il gol, stile Pierino Prati (con stacco vincente su Chiellini e corsa a braccia aperte sotto la curva Sud) del 30 agosto di un anno fa contro la Juventus, non ha fatto altro che alimentare un’immagine che poi, con il trascorrere dei mesi, si è bruscamente dissolta. Senza voler fare l’esegesi del pensiero di una tifoseria variegata com’è quella giallorossa, è forse proprio questo che lo fa rimanere sempre in discussione. Edin sembra destinato a rincorrere quel che non è e non può essere. Anche se Spalletti non ha perso la speranza e continua in ogni occasione a pungolarlo («Dipende tutto sempre dalla stessa cosa, deve evidenziare nei duelli più fame fisica. Se fa quello, le scelte diventano facili, se invece non si abitua non riesce neanche ad appoggiare il pallone in porta. Il gol è una conseguenza della fame fisica») per poi rimanerci male e disperarsi (il tuffo di Cagliari si spiega per una lentezza del bosniaco nel catapultarsi su un pallone vagante in area) quando vede che gli manca sempre quel briciolo di cattiveria che farebbe la differenza. Per lui e per la Roma. Tutto quello che ne segue è una semplice conseguenza. E così non si mette in evidenza il rigore procurato e il gol segnato contro l’Udinese nella prima giornata di campionato ma l’errore a tu per tu con Casillas nella gara di Oporto. E poco importa se dopo appena 50 secondi dal suo ingresso in campo nella trasferta di Cagliari regala l’assist del 2-0 a Strootman. Alla fine se contro i lusitani la Roma è stata eliminata e contro i sardi si fa rimontare due gol nel finale, la responsabilità è sempre di Dzeko quando probabilmente l’elenco prima di lui sarebbe molto lungo.
ENTUSIASMO RITROVATO Una traversa e un gol all’Estonia su rigore che si era procurato (oltre all’impegno come ambasciatore Unicef nella sua Sarajevo) lo restituisce a Spalletti carico d’entusiasmo: «Sì, finalmente sto bene e si vede», le sue parole a fine gara. Anche perché sia che il tecnico opti per il 4-3-3 o per il 3-5-2 sembra difficile che Edin possa restare a guardare contro la Sampdoria. Se Perotti sta recuperando, El Shaarawy infatti non è ancora al top a livello di condizione. Proprio contro i doriani, Dzeko andrà alla ricerca del secondo gol consecutivo all’Olimpico. Lo scorso febbraio contro i genovesi non c’era, fermato da una contusione al polpaccio. Nella gara d’andata, invece, quando in panchina sedeva ancora Garcia, come al solito la fortuna gli girò le spalle. Perché dopo una partita dominata la Roma perse 2-1 per un goffo autogol di Manolas. Tra gli imputati per il ko però finì il centravanti, reo di aver sbagliato sull’1-1 un gol a tu per tu con Viviano.
(Il Messaggero – S. Carina)
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