Quando domenica Pellegrini gli ha consegnato il pallone per battere il rigore, Mou ha chiuso gli occhi. Si è girato di spalle e non ha voluto guardare. Il designato a calciare dal dischetto era infatti Sergio Oliveira. Abraham, però, contravvenendo alle disposizioni del tecnico, ha voluto comunque tirarlo. Risultato? Consigli a sinistra, palla leggermente a destra e la corsa ad abbracciare l’ex Porto che inizialmente non l’aveva presa benissimo, scrive Il Messaggero

Magari lì per lì anche José non avrà gradito. Tuttavia ripensandoci a freddo avrà abbozzato un sorriso. Tammy ha tirato fuori quello che lui va predicando da mesi: la personalità. Perché ci vuole comunque del coraggio per andare a prendersi il pallone dopo il siparietto che era andato in scena a Torino con Veretout, poi culminato con l’errore del francese e la parata di Szczesny. Abraham, però, è da tempo che mira a diventare il rigorista della squadra. E i numeri spiegano il perché: in carriera, con quello di domenica, ne ha trasformati 14 su 17 (82%).

Rigore o non rigore, dopo l’inevitabile rodaggio, l’attaccante si sta prendendo sulle spalle la Roma. Al momento è il miglior realizzatore stagionale: 33 presenze, 18 reti (11 in campionato, come Platt nel 1991-92) e 7 pali con un rendimento sempre in crescendo come dimostrano le 9 reti nelle ultime 13 uscite di campionato che diventano 14 nelle ultime 17 gare (comprese le coppe). In una squadra che ultimamente appare costantemente in difficoltà, Abraham va in controtendenza. In giallorosso ha già segnato 4 doppiette: due in campionato (Atalanta e Empoli) e altrettante in Conference League (Zorya e Cska Sofia). 

Ora cerca la tripletta. In Premier ne ha siglata una contro il Wolverhampton, il 14 settembre 2019, diventando il giocatore più giovane della storia del Chelsea a realizzare tre gol in una partita sola. Quella giornata se la ricorderà bene Rui Patricio, visto che all’epoca difendeva i pali dei Wolves. Numeri a parte, quello che sorprende è come il centravanti si sia ambientato velocemente nel calcio italiano. 

La serie A è stata (quasi) sempre indigesta agli inglesi. Lui rappresenta l’eccezione. Ed è a Tammy che Mou si affida. Serve una scossa per una squadra piatta, scivolata malinconicamente al 7° posto in classifica. Un calciatore che possa diventare un punto di riferimento per il gruppo. Al netto della giovane età, l’inglese può riuscirci: tecnicamente e caratterialmente. 

Non fatevi ingannare infatti dal sorriso bambino: in campo, il 9 si trasforma. Se ne è accorta la tifoseria che ormai, nel grigiore delle ultime settimane, lo ha eletto a beniamino assoluto. Basta ascoltare un po’ le radio, stelle polari dell’umore della piazza, dare una sbirciata ai social o constatare semplicemente allo stadio come qualsiasi giocata dell’attaccante sia sottolineata da un applauso (dal tiro al semplice ripiegamento difensivo). Una crescita nella quale la mano di Mou si vede. 

Un feeling, quello con il tecnico, nato in tempi non sospetti. Tre anni fa a José venne chiesto del mercato bloccato del Chelsea: «Non capisco perché si parli tanto di attaccanti – la risposta – C’è Abraham. Conosce il club ed è cresciuto qui. È pronto. È arrivato il momento di farlo giocare». Così, quando si è presentata l’occasione in estate di portarlo a Roma non se l’è lasciata scappare. Domenica Tammy ritrova Zaniolo e il Verona. All’andata non la prese mai. Ora, con Nicolò di nuovo vicino, è tempo di tornare a vincere. Anche perché a febbraio la Roma ancora non c’è riuscita.



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