NOTIZIE CESSIONE AS ROMA FRIEDKIN – E improvvisamente anche il calcio si scopre piccolo e fragile. Il coronavirus – con il logico corollario delle forti ripercussioni che si sono sulla struttura organizzativa – non poteva lasciare indifferente una trattativa così delicata come quella per la vendita della Roma.
Così, mentre i rispettivi staff legali studiano eventuali modifiche alla struttura del «deal», James Pallotta e Dan Friedkin sono in contatto fra loro e l’Italia per monitorare l’attualità, che appare ansiogena al di là dell’Oceano Atlantico.
D’altronde, mettetevi nei panni del magnate texano (ma di origine californiana), che fino a due settimane fa attendeva solo la stesura definitiva delle circa seicento pagine dei diversi contratti per arrivare alla firma di contratti preliminari – del valore complessivo di circa 700 milioni –, previsto per il fine settimana successivo.
Mentre le tv di tutto il mondo rilanciavano le immagini dell’Italia epicentro del coronavirus in Europa, il 23 febbraio cominciava la «via crucis» dei rinvii delle partite della Serie A, a cui facevano subito seguito le baruffe al vertice del calcio italiano. Un’immagine poco edificante, che stupiva e (un po’) preoccupava l’acquirente.
Da quel giorno le cose sono solo peggiorate, fino a far paventare il rischio che domani la Federcalcio, su invito (più o meno perentorio) del governo decida di sospendere il campionato. E proprio da quel 23 le domande di Friedkin – che peraltro, come tanti, vede altre branche delle proprie attività in sofferenza per via della pandemia – sono diventate parecchie. Per quanto tempo durerà l’emergenza? E quanto si perderà in economici? E le tv pagherebbero lo stesso i (vitali) diritti tv in caso di stop? E se le cose peggiorassero anche in Europa, cosa succederebbe alle Coppe?
Difficile dare torto al magnate nel suo voler vederci chiaro, anche perché il cosiddetto «equo valore» dato alle 12 società della galassia chiamata As Roma, sarebbe necessariamente destinato a cambiare. In ogni caso, se la situazione si sbloccasse, la Roma assicura che fra il «signing» e il «closing» non passerebbe più di un mese, così da rendere subito operativa la proprietà.
Per questo, nei giorni scorsi, la dirigenza del club giallorosso si è riunita in «conference» con il «patto di sindacato» (una trentina di soci), chiedendo sostegno in questa fase delicata. Oltre all’apprezzamento riservato ai manager giallorossi per la gestione del momento, la maggioranza dei soci vuole sì che l’affare si concluda al più presto (quello più desideroso di uscire è il gruppo Starwood), ma non intende far entrare in sofferenza la Roma. Le prime rassicurazioni sono venute da Pallotta, che d’altronde nel giro di tre mesi ha versato circa 80 milioni come aumento di capitale, assicurando continuità aziendale.
Titoli di coda sulla Consob, che potrebbe anche aprire un’inchiesta sull’anomalo rialzo del titolo giallorosso in Borsa di venerdì scorso (12,6%) per via di voci che davano la trattativa già conclusa. Alla Roma, ovviamente, non aspettano altro, ma il coronavirus, per ora, ha dribbling da fuoriclasse.
(Gazzetta dello Sport)
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