La terribile domenica di Rick Karsdorp è un segnale. Come è possibile che un giocatore, tendenzialmente affidabile e certamente esperto, si dimentichi due volte in pochi minuti dell’esistenza di Traore, ragazzino del 2001, decomponendo una partita che la Roma stava controllando? A tutti capita di sbagliare, ovvio. Ma i reiterati errori individuali di tanti giocatori, anche i cosiddetti insostituibili, chiamano in ballo l’intera struttura, rinfocolando il dibattito sui limiti tecnici e caratteriali della rosa. Del resto è la tematica più frequente che emerge dalle parole di Mourinho, dentro allo spogliatoio e pure fuori, scrive il Corriere dello Sport.

E’ un fatto che la Roma sia tornata al punto di partenza, settima in classifica come alla fine dello scorso campionato, ma con 7 punti in meno rispetto alla venticinquesima giornata del 2021. Nonostante Mourinho e nonostante una campagna acquisti da oltre 80 milioni. Non solo non c’è stata l’auspicata crescita ma addirittura la squadra appare involuta, soprattutto per il rendimento scadente di alcuni elementi portanti. 

Su tutti Gianluca Mancini, il vicecapitano, che nelle statistiche risulta il giocatore più falloso d’Europa: ha già incassato 10 ammonizioni e un’espulsione e infatti salterà per squalifica la prossima partita contro il Verona. Considerato da Mourinho (ma anche da Fonseca) uno dei leader dello spogliatoio, vive un momento di disagio palpabile che il rinnovo del contratto non ancora formalizzato forse alimenta. 

Per non parlare di Jordan Veretout, che a differenza del compagno ha perso la propria centralità nel gruppo: il suo sistema operativo è andato in tilt dopo il rigore sbagliato a Torino contro la Juve, quando aveva appena riconquistato la nazionale francese. Da mesi Veretout non riesce più a giocare a buoni livelli. Tanto che nelle ultime quattro partite di campionato non è mai stato scelto nella formazione titolare, anche se contro il Cagliari giocò a causa dell’infortunio capitato a Pellegrini nel riscaldamento.  

Veretout del resto è uno di quei giocatori che la Roma può vendere alla fine della stagione. I colloqui di Tiago Pinto con lo zelante procuratore, Mario Giuffredi, che sbandiera spesso l’incertezza sul futuro, lasciano pensare che il rapporto si stia avvicinando alla conclusione. Per scelta, non per necessità. 

Un po’ diversa, ma ugualmente importante, è la situazione di Roger Ibañez, ora infortunato: aveva cominciato benissimo la stagione ma nell’anno nuovo ha manifestato i vizi del passato. Sbadato, confuso. Da ora in poi non avrà più il posto assicurato nella Roma di Mourinho. Nell’immediato come nel futuro. Peraltro in estate, quando la squadra era stata pensata per giocare con la difesa a quattro, Ibañez era la prima riserva della coppia Smalling-Mancini. 

Il mercato «di reazione» poi ha prodotto risultati altalenanti. Rui Patricio è andato bene, al netto dell’errore comico di Reggio Emilia. Abraham ha segnato 18 gol quindi non si discute. Il vero mistero è Shomurodov, pagato 17,5 milioni più bonus e retrocesso nelle gerarchie dell’attacco dietro al giovane Felix. Il suo arrivo ha indirettamente impedito l’acquisto del regista invocato da Mourinho. 

Su Viña invece il giudizio è sospeso – contro il Sassuolo ad esempio è stato uno dei migliori – ma le perplessità sul costo rimangono: è un terzino da 13 milioni? E ancora: la Roma ha quasi regalato Dzeko, Florenzi e Pedro a tre squadre che la precedono in classifica. Juan Jesus, pubblicamente rimpianto da Mourinho, è andato via a zero e sta aiutando Spalletti a Napoli. Oggi tutti sarebbero stati utili dentro a squadra agitata e spaesata.



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