Rassegna stampa
Roma, Mourinho parte da -9
La Roma perde pezzi e umore. A Mou, il ruolo di demolitore si addice sempre di più, scrive Il Messaggero. Se da un lato la tifoseria non vede l’ora che faccia piazza pulita dei calciatori che non ritiene idonei, dall’altro José è oggi costretto a saccheggiare la Primavera di De Rossi: «Mi dispiace per il mio amico Alberto, ma sarò costretto a distruggergli la squadra. Metà dei suoi ragazzi sarà con noi».
E non scherza. Gli indisponibili, tra positivi al Covid (non presenti alla festa anni 80 di Rui Patricio, mercoledì), squalificati e infortunati per la gara del pomeriggio contro il Verona, sono saliti a otto: Mkhitaryan, Carles Perez, Boer, Shomurodov, Mancini, Spinazzola, El Shaarawy, Ibanez.
Poi c’è il grande dubbio legato a Zaniolo: «Faremo un test e vedremo». Il nazionale azzurro – che ieri non si è allenato – lamenta una piccola contrattura al quadricipite. Nicolò non vorrebbe rischiare, Mou conta di averlo almeno in panchina (insieme ai baby Mastrantonio, Keramitsis, Volpato, Satriano e Voerkweling-Person).
L’emergenza non lo spaventa: «Nove assenti sono tanti, ogni squadra sarebbe in difficoltà e non sarà diverso per noi. Ma siamo lì e speriamo che con l’appoggio della nostra gente riusciremo a fare la gara e a prendere punti». In effetti, tra le tante defezioni, non mancherà il pubblico dell’Olimpico: «Per quanto possibile, avremo lo stadio pieno ed è incredibile considerando la stagione, senza risultati straordinari. I ragazzi in campo devono sentire la passione e devono giocare con questa gente in testa, per non dire nel cuore».
Questa mattina non saranno effettuati nuovi tamponi ma l’attenzione è massima. Le nuove disposizioni varate a gennaio sono chiare: il conteggio viene operato sulla rosa di 25 calciatori. Il limite dei contagiati non può superare la soglia del 35 per cento. Il blocco a tutta una squadra arriva in caso di nove contagiati. Al momento a Trigoria sono quasi a metà del guado (4), sintomatici e in isolamento. Meglio comunque vigilare.
Sempre loquace su qualsiasi tema gli venga proposto («Se ho nostalgia della Champions? Ho fatto più di 150 partite, non posso piangere perché ora faccio la Conference») sorprende la reazione di Mou quando gli viene chiesto dei Friedkin, dei loro silenzi: «Da quando un allenatore può fare una considerazione sulla proprietà? Chi sono io per parlarne? Sono i miei superiori. Ho rispetto personale e professionale, ci scambiamo idee in privato, ma chi sono io per dare opinioni pubbliche?».
Dribblato l’argomento, torna a concentrarsi sulla gara di oggi, ricordando quella dell’andata: «A Verona pioveva e faceva freddo, stavolta no. All’andata è stata dura sia per noi che per loro, il gruppo si identifica con Tudor, chiamarlo è stata una scelta intelligente. Sarà difficile per entrambi». Per lui, forse, un po’ di più.
Perché non ha fatto in tempo a promuovere Mkhitaryan come play basso della squadra, che l’armeno è costretto a fermarsi. Gli uomini a disposizione sono contati. Dubbi sul modulo anche se il 3-5-2 sembra farsi preferire con l’arretramento di Cristante in difesa e mediana con Maitland-Niles favorito su Karsdorp a destra più Pellegrini, Oliveira, Veretout (su di lui il Milan per il dopo Kessie) e Viña, che non sta bene (pronto Karsdorp).
Davanti conferma in vista per Felix e Abraham che è arrivato a quota 18 gol, praticamente le reti che hanno segnato insieme tutti e 5 gli altri attaccanti romanisti (20 nel complesso: El Shaarawy 6, Zaniolo e Shomurodov 4, Felix e Perez 2): «Tammy sta facendo bene, ma può fare meglio. È cresciuto in un calcio e una società completamente diversi. Andar via dall’Inghilterra è molto difficile. Mi aspetto di più da lui. Ha potenzialità per fare meglio». Bene o male come la Roma.
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