“Tammy i tre punti, non chiedermi niente…”, canta la Sud sulle note della sdolcinata hit di Alan Sorrenti, anno 1979. Dammi i tre punti, Abraham, tutto il resto non conta, scrive La Repubblica. Eccola, l’accorata preghiera del tifoso della Roma. Conta vincere e basta. Contano i tre punti, non le chiacchiere. Come accaduto domenica scorsa a La Spezia. Non conta né il prima né il dopo. 

Calcio di rigore intorno al minuto 100: Tammy sul dischetto, tiro e palla alle spalle del portiere di casa, dritta dritta nel cuore della gente che ha una Lupa tatuata sul cuore. Bene no? E chissenefrega se prima di piazzarsi a undici metri dalla meta, Tammy aveva sbagliato pure l’impossibile. Nessuno, mai, glielo rinfaccerà. E, così, sono già 19 i gol in stagione di Abrahamcadabra, il mago inglese con la maglia numero 9 sulle spalle e un sorriso sincero sempre stampato sulle labbra. Dodici in campionato, sei in Europa e uno pure in Coppa Italia. 

Per un ragazzo catapultato in Italia solo pochi mesi fa dalla comfort zone di Londra un bottino da applausi. O no? Tipo singolare, ‘sto Tammy. Mai cattivo, mai ruvido; anzi, fin troppo educato, addirittura troppo gentile per mettersi a fare a botte contro avversari disposti a tutto pur di fermarlo. Lui gioca a calcio, non a calci. E, anche per questo, dà sempre l’idea di divertirsi un mondo a stare lì in mezzo al campo, come un bambino al suo primo giorno di allenamento. Fosse più cattivo, si dice, il numero dei suoi gol sarebbe nettamente più alto. Chissà



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