NOTIZIE AS ROMA PETRACHI FIENGA – Convinto Petrachi sin dal suo arrivo che a Roma servisse il pugno di ferro, ha deciso di crogiolarsi dietro l’identikit costruitosi su misura (“Uomo scomodo in questo ambiente perché non vado a prendere il caffè con nessuno“) per cambiare una situazione che ciclicamente si ripete in tutti i club quando i risultati non arrivano.
Ossia, paga l’allenatore (lo scorso anno insieme al ds), trapelano dissidi nello spogliatoio, emergono faide interne sino a quel momento sopite o negate: storie viste e riviste. Un copione che tra l’altro è molto di moda nella Roma americana capace in 9 anni di alternare 8 allenatori, 2 presidenti, altrettanti vicepresidenti, 5 tra a.d. e ceo, tre d.g. e 4 d.s. Conteggio prossimo all’aggiornamento.
In queste ore Fienga sta cercando di capire se esistono i margini per ricucire lo strappo. Difficile alla luce dell’sms al vetriolo inviato dal d.s. al presidente Pallotta. Tuttavia, pur non approvando i metodi del dirigente e criticando la sovraesposizione mediatica (a Torino il ritornello è che ha parlato più in 10 mesi a Roma che in 9 anni con Cairo), il Ceo è consapevole che c’è un mercato da effettuare.
Privarsi di Petrachi a giugno inoltrato, nonostante le scadenze siano state posticipate, senza avere, al netto di Baldini, nessun sostituto in mano (pronto De Sanctis per l’interregno ma è al suo primo incarico; potrebbe tornare in corsa Massara se Maldini va via dal Milan), rappresenta un salto nel vuoto.
Senza contare che c’è una buonuscita di mezzo, mai secondaria per un dirigente che guadagna 1,2 milioni di euro netti più bonus sino al 2022 in un club con i conti in difficoltà. Problema che potrebbe essere bypassato se la Roma decidesse di intraprendere la strada del licenziamento per giusta causa (valutazioni in corso). Petrachi (che a Trigoria ritengono abbia una squadra dietro) rimane dunque appeso a un filo sottilissimo.
Fienga sta provando a convincere Pallotta a tenerlo a tempo, per fargli completare almeno la sessione estiva. L’ultima parola spetta a Jim.
(Il Messaggero)
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