Tutto è precipitato in un mese. Dalla partita contro il Porto all’Olimpico di Torino. Alla vigilia, Luciano Spalletti sorridente disse: «Abbiamo voluto fortemente questa partita, ce la vogliamo giocare. Alleno la squadra più forte che abbia mai avuto». La Roma non è più in Champions League ed è già lontana da Juve e Napoli in campionato. Pallotta a Londra ha convocato Baldissoni e Gandini, per incontri riguardanti il brand, gli investimenti per lo stadio, ma anche per capire cosa sta succedendo alla squadra. Il presidente è di pessimo umore e restare fuori dalla Champions per un altro anno sarebbe un grave danno economico per la Roma. Ma Spalletti è convinto di poter risollevare la squadra. Per questo ha optato per una terapia d’urto.
LA GIORNATA – A Trigoria c’è un silenzio irreale. I giocatori si sono ritrovati alle dieci del mattino e sono rimasti nel football ranch fino al tramonto. Prima di cominciare la seduta del mattino, Spalletti ha riunito la squadra ed è stato duro, durissimo. Ha messo tutti di fronte alle proprie responsabilità. Ha detto che bisogna cambiare registro. Che nessuno avrà più il posto assicurato. Che bisogna lavorare di più. I giocatori si sono allenati a gruppi, ma nessuno è potuto uscire prima che terminasse l’ultimo gruppo. Niente risa o scherzi in campo. Walter Sabatini a bordo campo ha seguito l’allenamento, ha parlato un po’ con Spalletti, ha ignorato i giocatori. Il direttore sportivo ha la valigia pronta, è entrato e uscito da Trigoria a bordo della sua Smart, ha presidiato il fortino mentre gli altri dirigenti erano impegnati altrove. Ma lui il suo destino lo ha deciso ed è lontano da Roma.
SABATINI VIA – Spalletti invece non lo ha deciso e naviga a vista. Pallotta anche quando è venuto l’ultima volta a Roma gli ha proposto il rinnovo del contratto. Ma il tecnico ha preso tempo. «Contano solo i risultati. Se non ottengo i risultati vado via», ha ripetuto più volte. La società non è intenzionata a cambiare un altro allenatore dopo neppure un anno dall’esonero di Garcia. Almeno nessuno ci pensa. Anzi, i dirigenti sono pronti a sostenere Spalletti, il primo allenatore fortemente voluto da Pallotta, scelta condivisa più con Zecca che con Sabatini, che ha dovuto accettarla. Da allora il direttore sportivo ha preso le distanze e ha ridotto ai minimi termini i rapporti con il presidente, fino a preparare l’addio. Che avverrà a giorni, al massimo questione di settimane. Ma di sicuro non sarà lui a fare il mercato di gennaio. E questo Spalletti lo sa. Lo orienterà probabilmente da lontano Franco Baldini.
RIFLETTE – Le prossime due partite, contro Napoli e Inter possono rivelarsi decisive per il rilancio della Roma. Non conta quella di giovedì contro i romeni dell’Astra Giurgiu, ma conta il campionato. Altre due sconfitte potrebbero aggravare la situazione. Significherebbe buttare via un’altra stagione. Spalletti ieri ha detto che non pensa all’ipotesi delle dimisssioni, è convinto che possa riportare la squadra ai livelli della scorsa stagione. Solo se dovessero arrivare altre sconfitte ravvicinate potrebbe riflettere sulla sua posizione. Ma i dirigenti sperano che non sia così. Sono convinti che il tecnico toscano possa risolvere la situazione. Ieri il tecnico ha diviso il lavoro della squadra tra reparti. Alle undici si è allenata la difesa, alle 14 il centrocampo e alle 16 l’attacco. Spalletti ha seguito tutte le sessioni e ha richiamato spesso la squadra urlando. I giocatori sono andati via dopo le 18. Il primo è stato Florenzi, poi Fazio. Szczesny e Juan Jesus si sono fermati a firmare autografi. Venti tifosi erano in attesa davanti al cancello come se niente fosse successo, come se Trigoria fosse un’oasi felice. Quel silenzio assordante aiuterà Spalletti a riflettere e a fare in modo che la squadra sia pronta a seguirlo come nella passata stagione.
(Corriere dello Sport – G. D’Ubaldo)
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