Improvvisamente la Roma si dimostra cinica e compatta. Il fatto di essere la terza miglior difesa di Europa dopo Barcellona e Manchester United, due autentiche corazzate, è l’evidenza di un lavoro certosino di Eusebio Di Francesco. Alzi, però, la mano chi non si aspettava in estate una Roma all’arrembaggio partita dopo partita, che avrebbe subito gol ma ne avrebbe fatti altrettanti. Praticamente tutti. E’ inutile, ora, scrivere articoli che con il giornalismo non hanno nulla a che fare per sostenere una tesi aprioristica del “telavevodetto”. A Roma, molto spesso, ci si innamora delle proprie idee piuttosto che raccontare la realtà.
La svolta è arrivata dopo Roma-Inter 1-3: lì il tecnico giallorosso ha capito che non poteva dominare la partita per 90 minuti non mostrando il fianco all’avversario che, alla prima occasione, ha punto inesorabilmente. Poi sono arrivate le sfide contro Verona, Benevento e Udinese, vinte bene e con un discreto spettacolo ma, nel momento più importante, la squadra ha saputo anche soffrire e portare a casa un risultato fondamentale contro l’Atletico Madrid in Champions League. Insomma, più che Di Francesco trapattoniano, è un Di Francesco che ha avuto il coraggio di non essere più integralista come ha fatto nella sua carriera a Sassuolo, conscio del fatto che a Roma servono soprattutto i risultati piuttosto che il gioco d’attacco che può portare bellezza estetica ma pochi punti. D’altronde DiFra ha avuto anche come mentore un certo Fabio Capello, che faceva della fase difensiva il suo punto di forza. Inoltre il tecnico abruzzese è a conoscenza giorno dopo giorno della condizione fisica della squadra e sa dosare le forze in maniera impeccabile (leggi turnover). Quindi se la Roma gioca contro Crotone e Bologna e poi martedì c’è il Chelsea, in campionato deve gestirsi per dare tutto in Champions League, anche per una politica aziendale del club. Dire “velavevodetto” non serve a nessuno, specie se i dubbi su un tecnico al vero banco di prova in una grande realtà come Roma in estate fossero più che legittimi.
Chi vuole continuare a fare articoli sui giornali scrivendo: “Ve l’avevo detto che Dzeko non era un pippone”, stessa cosa su Alisson, oppure che Di Francesco era la migliore scelta che la Roma potesse fare, continui pure, ma si rende ridicolo. I fatti dicono che il mutamento di DiFra è sotto gli occhi di tutti e che ha saputo plasmare di partita in partita giocatori e modulo in base alle esigenze. Forse i primi a esserne stupiti dei risultati della Roma sono proprio quelli che ora sprecano fiumi di inchiostro per elogi sperticati e interessati, atti a raggiungere altri obiettivi personali. O no?
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