“Il problema della Roma è mentale, ed è sempre lo stesso. L’ansia di dover vincere per forza è un’ossessione per questa città”. Sono le parole di un giornalista di una radio romana. Nè noto il giornalista, nè nota la radio (no, perchè di solito si dice ‘noto/a’ impropriamente). Siamo alla follia più totale. Qui non si tratta di dare un’opinione, ma si tratta di portare dati di fatto.
“L’ansia di dover vincere è un’ossessione per questa città”. E la Juventus, condannata a vincere la Champions League, che dovrebbe fare? Non ci prova nemmeno? Si arrende alla prima difficoltà? Marotta e Paratici hanno acquistato il giocatore più forte del pianeta proprio per vincere la coppa dalle grandi orecchie, anche perchè il campionato l’ha sempre vinto in questi ultimi 7 anni per mancanza di seri avversari.
L’Inter di Moratti ha vissuto un’epoca in cui l’ex presidente nerazzurro era ossessionato dalla vittoria, e alla fine ce l’ha fatta, vincendo tutto quello che c’era da vincere. Eppure una Roma, quella di Rosella Sensi, con zero euro, attuando l’autofinanziamento, arrivò ad una manciata di punti dall’Inter di Mourinho, ed è stata per più di un tempo a Verona virtualmente campione d’Italia.
Lo so cosa state pensando: quando sentiamo dire alla radio queste affermazioni, probabilmente penserete che il giornalista di turno non sia molto informato. Sarebbe gravissimo, ma non è così. Qui c’è una malafede di fondo. C’è uno stravolgere la realtà in una maniera scientifica ed inetta. In soldoni, quello che il giornalista vuole sostenere è questo: la colpa è dei tifosi che, avendo l’ansia di vincere, la trasmettono ai giocatori che di conseguenza non rendono in campo. Pensiero folle, altro che pensiero stupendo.
Ma alcuni tifosi meritano questo, perchè non hanno apprezzato quello che c’era prima. Probabilmente non sanno nemmeno cos’è la Roma di Dino Viola e quella di Franco Sensi. O per motivi anagrafici, o per motivi personali. Pensano, i tifosi, non tutti per carità, che la Roma sia nata con Pallotta. La Roma nasce il 22 luglio 1927 (non il 7 giugno) e va avanti da oltre 90 anni. C’è stata con Foschi, Marchini, Anzalone, Ciarrapico, Viola, Sensi e anche con Pallotta. Non nasce con l’americano. E non morirà quando l’americano se ne andrà, una volta costruito lo stadio. Se vogliamo raccontarci storielle per giustificare l’ingiustificabile, lor signori si possono accomodare. Ma se vogliamo parlare di calcio, anzi, di pallone, dobbiamo dire una cosa sola: a questa Roma è stata tolta l’anima (Alisson, Nainggolan e Strootman) e Di Francesco non sa dove mettere le mani per dare un’identità alla squadra. D’altronde senza anima, come fai a vivere? Non vivi, infatti. Campi. Tiri a campare. E’ forse questo che non capisce chi fa certe affermazioni. Anzi, lo capisce e, peggio ancora, mistifica la realtà. Sarebbe da ritiro immediato del tesserino da giornalista per mancanza di deontologia professionale. Ma probabilmente troverebbero una sedia calda calda a Trigoria nel media center giallorosso.
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