Che sia l’Astra Giurgiu, piuttosto che Juventus, Barcellona o Real Madrid, poco importa: Totti incanta sempre e comunque. Nel febbraio scorso, quando lo avevano cacciato da casa sua, da Trigoria, dove era nato e cresciuto calcisticamente, una sorta di seconda casa per il Cap, il solito coro stolto (non unanime, per fortuna) lo aveva etichettato come un giocatore finito, da rottamare, da mettere in panchina e farlo marcire lì; oppure di metterlo dietro una scrivania non si sa bene a che fare. Lui pretendeva rispetto. Una sparuta minoranza si schierava con chi lo voleva ammainare per sempre. Ma le bandiere non si ammainano, continuano a sventolare finchè vogliono, ed è un loro diritto scegliere fino a quando.

L’inizio di stagione di Francesco Totti, 40 anni e tre giorni, ha dimostrato ancora una volta che tutto quello che dicevano gli stolti, i giornalisti di regime, i presidenti, i direttori sportivi e i direttori generali che non sanno distinguere un cocomero da un pallone da calcio, è tutto vano. E’ fuffa, per dirla alla romana. Si possono comprare quote, cercare sponsor, volare a Londra a bighellonare, acquistare giocatori più o meno utili, fare plusvalenze e tifare per chi le fa, quasi come se i soldi incassati fossero anche un po’ nostri, ma la classe, quella no, non si può comprare. Quella è innata.

Totti insegna calcio, come forse nessuno mai lo ha fatto. Quando smetterà, speriamo tra 10 anni, per godercelo ancora un po’, potrebbe insegnare “il calcio” ai bambini invece di andare dietro a chi lo voleva distruggere calcisticamente per sempre. La sua forza sono i piedi. Quei piedi raffinati come non mai, che vorrebbero avere tanti giornalisti che avrebbero voluto essere come lui o qualche giocatore fallito dei campetti di periferia, che sognavano una carriera come quella di Totti, una moglie come Ilary e una famiglia come quella del Cap. E’ vero, stiamo parlando dell’Astra Giurgiu, ma vedere quello che ha fatto Francesco ieri, è pura poesia. Nessuno è come lui e forse nessuno lo sarà. Si dice: scherza con i fanti ma lascia stare i santi. Totti non è certo un santo, ma il dio del pallone sì. E ieri, forse, un po’ tutti abbiamo pensato ai “versi” (nel vero senso della parola) di Dotto che lo definiva un giocatore finito. Ebbene, ieri sera, al fischio finale, dopo tutte le magie del Cap, il pensiero è andato a lui. E anche a coloro che lo avevano già messo in naftalina. Totti logora chi non ce l’ha. Noi ce lo godiamo. Gli altri si mangeranno il fegato, ammesso che ce l’abbiano…



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