Alisson

Alisson è in ritiro con il suo Brasile, ma prima di lasciare l’Italia ha registrato un’intervista che andrà in onda su Roma TV all’interno della trasmissione Team Mate, in programma oggi alle 13.30. Questa una breve anticipazione delle sue dichiarazioni: “Penso di non essere insostituibile, però ogni giorno vengo qua a Trigoria con il pensiero di fare il mio meglio, di lavorare forte per arrivare in partita e fare sempre bene per aiutare i miei compagni a vincere“.

L’INTERVISTA COMPLETA

Sull’Internacional.
Erano bei tempi, mi divertivo tanto. Mi sono fatto molti amici e ho lavorato con tanti professionisti. Sono stato fortunato.

Sul rapporto con la famiglia.
Con mio fratello ci vogliamo bene, è una grande persona e un gran portiere. Ha giocato anche lui nell’Internacional, ha fatto bene, ha anche vinto una Libertadores e una Coppa Sudamericana. Faceva il terzo portiere, siamo cresciuti insieme in casa e nella nostra squadra. E’ il mio miglior amico. Mio padre mi ha sempre detto “devi sognare in grande” e l’ho sempre fatto. Sono arrivato fino a qui perché i miei genitori hanno lavorato e speso tanto, non in termini economici ma di energie. Ringrazio Dio di avere due genitori come loro.

Sulla fede.
Per me Dio è al primo posto, la mia fede non mi protegge solo negli infortuni ma mi aiuta sempre a vedere il lato positivo della cose anche quando vanno male. Questo mi ha aiutato anche nel primo anno quando non ero il primo portiere, avevo sempre la testa alta credendo che il mio momento sarebbe arrivato.

Su Taffarel.
L’ho visto poco giocare perché sono del ’92, ma da quello che vedo adesso con le immagini posso dire che è stato più di un professionista. L’ho conosciuto personalmente, è un onore per me, In Brasile ha cambiato un po’ tutto essendo uno dei primi ad arrivare in Europa. Il portiere qui è diverso, si gioca molto con i piedi, ho cambiato anche le uscite. da lui in poi in Italia sono arrivati Dida, Julio Cesar, Doni, Julio Sergio. Sono contento di essere tra questi portieri.

Sul modo di giocare con la Roma.
Ci piace giocare con il portiere. Il portiere diventa un calciatore in più. Sono migliorato molto con i piedi. In Brasile non si gioca molto con il portiere. Nei primi mesi non è stato facile. Sono cambiati gli allenamenti. In Brasile si lavora più sull’esplosività, qui si lavora più sulla tecnica. Anche il mister si è adattato un po’ rispetto al mio stile di gioco. Ho fatto due anni positivi nella massima serie in Brasile. Ho raggiunto la Nazionale giocando in Brasile e il mister l’ha capito.

L’esordio in Nazionale.
Giorno indimenticabile. La giornata è stata splendida per me e la mia famiglia. Il mio sogno è divenuto realtà. Sono due anni che sono davanti alla porta brasiliana. Il Brasile ha avuto portieri bravissimi. Anche io devo essere sempre pronto, sono contendo di avere questo peso e di stare lì. Non mi accontento e voglio anche vincere con la Nazionale. Sarà un Mondiale difficile e dobbiamo fare del nostro meglio.

Sul trasferimento in Italia.
Nei primi mesi non è stato facile, c’è stato anche un cambiamento di metodologia nell’allenamento. In Brasile lavoravo più sull’intensità e sulla forza delle gambe, qui invece lavoro sulla tecnica anche nelle uscite alte e basse. Gioco con i piedi, ma anche il mister ha adattato il suo lavoro in base alle mie esigenze perché un po’ si può cambiare ma alla fine non puoi cambiare completamente il tuo modo di lavorare. Ho fatto due anni bellissimi nella Serie A brasiliana, quindi non potevo cambiare più di tanto. Sono arrivato alla nazionale grazie a quello stile di gioco. Dopo due mesi mi sono adattato al 100% e ora mi trovo benissimo.

La Chapecoense.
Quando ho saputo del loro arrivo in Italia per giocare io ero in Nazionale e un po’ mi è dispiaciuto non poter essere della partita. Ho sentito i sopravvissuti che sono i miei amici. Mi dispiace per chi non ce l’ha fatta. È una tristezza che si porterà per tutta la vita.

Su Falcao.
È un idolo qui a Roma e anche all’International. È uno dei calciatori più grandi che il club brasiliano abbia avuto. Ho giocato in tutte e due le sue squadre, all’International e alla Roma. Vorrei vincere un titolo qui. La squadra lo merita, lavora tanto. Vorrei far parte di questo. Anche nel vecchio stadio dell’International i tifosi che cantano e suonano sono quelli della Curva Sud. Adesso la Curva è diventata la mia casa. C’è molta rivalità qui a Roma, anche in Brasile c’è rivalità nell’International.

Il matrimonio.
Ha cambiato tutto. Avevo i miei amici e i compagni di squadra. La mia vita è cambiata. Ho scelto una squadra che mi ha accolto benissimo. Questo ha reso le cose più facili. Mi ha facilitato l’adattamento. Jesus mi ha aiutato molto qui a Roma. Lui conosceva la mia situazione. Sua moglie ha aiutato la mia. È stato importante. Anche i romani mi hanno accolto benissimo.

La prima stagione a Roma.
Non è stato facile qui. È cambiato tutto. Sono arrivato qui e ho trovato un modo diverso di lavorare, giocando una volta ogni tre settimane, spettando le coppe. Ho aspettato il mio momento e ho preso la maglia numero 1. Non la lascerò mai.

Sul suo ruolo nella squadra.
Penso che nessuno sia insostituibile, però, ogni giorno arrivo qui al centro sportivo pensando di fare del mio meglio e di fare bene sempre per aiutare i miei compagni a vincere. La cosa più brutta per un calciatore è non giocare. In panchina avevo sempre la voglia di entrare in campo per aiutare. Ho avuto calma e tranquillità nell’aspettare il mio momento, che è arrivato.

Debutto con la Roma.
Sono arrivato qui per giocare e per fare del mio meglio in campo per la Roma. È stato bello ed emozionante per me. Cerco di giocare sempre col cuore e lasciare il mio meglio dentro al campo.

La parata più difficile.
Tutte sono difficili ma la più bella è stata quella su Saul nella gara contro l’Atletico Madrid. Non la dimenticherò mai. In Brasile ho giocato la Libertadores ma non c’è paragone con la Champions in relazione ai tifosi e a ciò che c’è fuori dal campo. Quando entro in campo mi sento un grande lupo e questo raddoppia la voglia di giocare. Penso che la Roma sia cresciuta in questi ultimi 5 anni nell’atteggiamento e nel dimostrare la voglia di vincere.

Di Francesco.
Non lo conoscevo tanto ma ho un gran rapporto con lui. È un bravo allenatore. Ha cambiato il nostro atteggiamento, rendendolo più cattivo. In ritiro abbiamo lavorato tanto. Non dobbiamo mollare. La squadra difende benissimo, a partire dagli attaccanti. Tutti corrono per aiutare. Tutti noi siamo diversi: Gerson per noi è un ragazzino ancora. È bravissimo e scherza sempre. Peres anche scherza e gioca con i compagni. Abbiamo un gran rapporto noi brasiliani. Anche con gli altri ragazzi c’è un bel feeling.

Su Dzeko.
Abbiamo una sfida sul fatto di riuscire a segnarmi. In campo ti fa crescere ogni giorno.

Kolarov.
L’ho visto poco ma da quando è qui ho capito che sia un calciatore che fa la differenza per ogni squadra. È un leader. Non sa giocare solo il pallone ma vuole bene a tutti. Spinge in avanti quando si deve spingere.

L’addio di Totti.
È stata una giornata sia bella che triste. Tutti noi abbiamo vissuto gli stessi sentimenti: gioia di aver avuto un calciatore come lui e dispiacere per l’addio di una leggenda. Abbiamo la fortuna di averlo con noi tutti i giorni. Un calciatore e una persona come lui deve rimanere nel calcio per renderlo una cosa ancora più bella.

De Rossi.
È un gran capitano, uno di quelli che mi ha accolto benissimo. Non parla sempre ma quando lo fa è autoritario. Sa quello che dice e quando dirlo. La fascia da capitano è un buone mani.

Sul carattere.
Sono un tipo tranquillo. Non ho bisogno di tanto per vivere bene. Il cibo è buono qui, la città mi piace, soprattutto il centro storico con il Colosseo. Del Brasile mi mancano gli amici e i genitori. Quando posso porto qualcuno qui per stare insieme e sentire meno la mancanza del Brasile. Sono felice qui a Roma con mia moglie e la mia bimba, che è nata qui ed è sia romana e brasiliana. Per vivere bene ho bisogno solo della mia famiglia.



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