Daniele De Rossi

CONFERENZA DE ROSSI FIENGA – Daniele De Rossi, centrocampista della Roma, e Guido Fienga, CEO della Roma, hanno parlato in conferenza stampa per annunciare l’addio ai giallorossi del numero 16 romanista.

Apre la conferenza il CEO Guido Fienga.
Vi abbiamo convocato per dirvi che ieri abbiamo incontrato Daniele e abbiamo comunicato la decisione della società di non rinnovare. Gli abbiamo spiegato di volerlo in società. Personalmente lo avrei voluto accanto fare il vice. Per lui questa proposta è sempre valida, per la Roma e per il management della Roma. Le sue idee le rispettiamo, lui rispetta le nostre. Sono arrivato da poco, ma sono onorato del confronto che abbiamo avuto, trasparente e leale. Mi sento di impegnare tutta la società per le possibilità che De Rossi potrà cogliere da ora al futuro.

Come è nata la decisione di non rinnovare?
La prima cosa che ho detto a nome della società ho detto che mi rendevo conto e mi scusavo che non fosse successo prima questo discorso, ma la società ha avuto tanti scossoni e questa è stata la conseguenza. Quando mi sono reso conto che non poteva essere confermato perché non ci sono queste basi tecniche, con la consapevolezza degli errori commessi, ho spiegato a Daniele che la società non poteva considerare più come giocatore. E’ invece persona matura per riorganizzare questa società, lui è dirigente da un bel pezzo ed è pronto a prendersi queste responsabilità. L’ho invitato a occuparsi di questo e aspettare eventuali scelte sull’allenatore, può aiutarmi e in futuro sostituirmi. Il discorso è stato influenzato dai problemi avuti, ma poi le mosse sono state fatte in base alle scelte dell’azienda. Lui vuole giocare ancora, lo rispettiamo e apprezziamo come abbia rispettato la nostra scelta. Quando Daniele deciderà di mettersi la giacca e aiutare a sviluppare il club che conosce meglio di tutti è il benvenuto. Abbiamo bisogno di lui.

Sul distacco tra club e De Rossi. 
Non capisco da dove emerga. Abbiamo idee diverse, ma l’invito che abbiamo fatto non dimostra distacco o mancanza di stima. Abbiamo idee diverse sull’aiuto che lui può dare al club, ma nessuno la vuole mandare via.

La conferenza di De Rossi

Cambieresti qualcosa nella tua carriera alla Roma?
Farei scelte diverse riguardo al quotidiano, episodi spiacevoli come cartellini rossi. Non tornerei indietro sulla scelta di dedicare tutta la carriera alla Roma. Se avessi la bacchetta magica metterei qualche coppa in bacheca. Sono sereno per questa scelta. Qualche errore l’ho fatto, ma sarebbe stato impossibile il contrario.

La riconoscenza dei tifosi cosa è per te?
Hanno dimostrato in tanti anni di tenere a me. Io ho fatto la stessa scelta, non li ho cambiati con la possibilità di vincere. Ho avuto l’occasione di andare via, ci siamo scelti a vicenda. Oggi sarebbe un dramma se dicessimo il contrario. C’è un grande amore che continuerà, non escludo che nei prossimi anni mi vedranno in qualche settore ospiti a tifare per i miei amici.

Una carriera durata 18 anni. Che cosa hai pensato quando te l’hanno comunicato? Il tuo futuro è già orientato verso qualche direzione?
Mi è stato detto ieri, ma non sono scemo. Lo avevo capito. Se nessuno ti chiama per un anno, la direzione è quella. Ho sempre parlato poco, perché non mi piace e non c’era niente da dire, inoltre non volevo distrarre la squadra. Ringrazio Fienga per l’offerta, anche Ricky Massara. So che c’è affetto e stima reciproca, forse si poteva andare avanti per uno o due anni, ma è una decisione globale. Io non posso fare diversamente da questo. Futuro? Ho sentito qualcosa, non ho chiesto niente a nessuno, non volevo distrarre me stesso dalla corsa Champions. Dopo controllerò tra i 500 messaggi se ci sono offerte. Ho voglia di giocare, sarebbe un torto che mi farei se smettessi.

Non sarebbe stato più giusto che decidessi tu quando e come smettere?
L’ho detto sempre a Francesco, non sono d’accordo. Ci sta una società che decide chi deve giocare e come. Avrei potuto essere importante per loro, ma decide la società. Qualcuno un punto lo deve mettere. Il mio rammarico non è quello, mi è dispiaciuto che ci siamo parlati poco. Spero che la società migliori in questo perché ci tengo, ma decide la società.

Te la senti di lanciare un ancora alla Roma?
Di consigli ai tifosi ne posso dare pochi, ho imparato da loro ad amare la Roma. Quello che posso consigliare è di stare vicino ai giocatori, sono persone per bene e meritano sostegno.

Possono ora cambiare i tuoi progetti? 
Penso che mi piacerebbe fare l’allenatore. Fare il dirigente non mi attira, ma a Roma poteva avere un senso diverso. La sensazione è che per ora si possa incidere poco. Faccio fare il lavoro sporco a Totti, spero prenda potere. Poi magari un giorno lo raggiungerò. Vero che mi accoglieranno a braccia aperte, ma vorrei imparare prima.

Il romanismo è importante?
Per noi conta molto, è importante. E’ in mani salde, Pellegrini e Florenzi possono portare avanti questa eredità senza scimmiottare me o Totti. Cristante non è romanista, ma io ne voglio altri cento così. La Roma ha bisogno di professinisti, poi se sono romanisti abbiamo fatto bingo. Ho detto Cristante ma ne avrei potuti dire tanti altri.

L’addio lo immaginavi così?
Ho cercato di prepararmi mentalmente, senza immaginare. Questa è casa mia, sono entrato in quel cancello a 11 anni la prima volta. Io voglio giocare e loro non vogliono, non sono felice ma non ho rancore. Un giorno parlerò anche con il presidente e con Franco Baldini. Devo accettarlo altrimenti mi faccio male da solo. Da dirigente avrei rinnovato il contratto a uno come me. Ho giocato abbastanza bene, cerco di risolvere i problemi. Ma lo accetto.

La Champions avrebbe influito?
Non abbiamo mai parlato di soldi, quello non c’entra.

Perché tutti questi addii dopo la semifinale di Champions?
Il rimpianto che ho è che tante volte, anche con la passata gestione, è che tante volte ho avuto la sensazione che la squadra diventasse davvero forte per poi fare un passo indietro. Non entro nei numeri, spero che con lo stadio si diventi più forti. Molti sono andati via e mi hanno detto “come stavo bene a Roma”. Qua si sta bene, è una piazza calda di cui hanno bisogno i giocatori. La Roma è forte e ha futuro. Si dovrà sbagliare il meno possibile, qualcosa si è sbagliato ma non ne parliamo oggi.

Quando hai capito che sarebbe finita così?
La consapevolezza è cresciuta durante l’anno. Con Monchi avevamo parlato, ma mi aveva rassicurato il fatto che non ci fosse più lui. Io ho firmato due anno dopo l’addio di Totti e già c’era incertezza.

Cosa farai dopo?
Il 27 maggio ho un aereo alle 3 e ne ho bisogno. Poi penserò a trovarmi una squadra. Vediamo, ne devo parlare a casa e con me stesso.

Che finale di partita cambieresti? 
Ogni anno se ne aggiunge una nuova. La partita che vorrei cambiare forse è Liverpool-Roma. I rimpianti li ha anche Messi, che non ha vinto il Mondiale. Ognuno vive di rimpianti, perché la vittoria è il fine ultimo di quello che facciamo. Io devo ringraziare Dio per la carriera ed avrei sognato di fare quella di mio padre, che è il mio idolo. Sono fortunato perché ho fatto il lavoro che mi piaceva in una squadra che amo tantissimo. Ringrazio anche gli avversari, tante emozioni le ho sentite lì: i derby, a Napoli, a Bergamo e così via. Il calcio è contrapposizione, un po’ di tifo ed ignoranza. Sono contento di aver avuto nemici.



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