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Di Francesco: “Ci vogliono uomini veri e ambiente vincente, solo così alzeremo trofei”

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Eusebio Di Francesco, allenatore della Roma, ha rilasciato un’intervista al sito coachesvoice.com parlando della sua filosofia di calcio che lo hanno portato a grandi risultati con i giallorossi: “Più che nascere allenatore, lo sono diventato. Non ho mai voluto farlo. E onestamente, non avevo mai pensato che l’avrei fatto. Guardavo gli altri allenatori e non volevo finire come loro. Quel desiderio è arrivato dopo. Quando ho appeso gli scarpini da calciatore al chiodo, sono diventato team manager alla Roma. L’ho fatto per un anno, ma non mi è piaciuto. Non sono stato bene, così ho lasciato. Non ho più pensato al calcio. Mi sono distanziato dal gioco. Non guardavo neanche i risultati. Poi ho provato a fare il consigliere per 6 mesi. Consigliavo un piccolo club, Val di Sangro, nel calciomercato. Ma non mi soddisfaceva neanche questo. Poco a poco, ho iniziato a sentire la mancanza dell’odore del prato. Quelle sensazioni che hai quando sei nello spogliatoio. Allenare mi ha riportato a contatto con quelle sensazioni.

In Italia, diamo più attenzione al lato difensivo del gioco piuttosto che a quello offensivo. Lavoriamo molto sulla tattica. Abbiamo molti allenatori bravi e non si lascia nulla al caso. Come giocatore, sono stato influenzato da molti allenatori per cui ho giocato. Marcello Lippi, all’inizio della mia carriera alla Lucchese. Più tardi qui a Roma, Fabio Capello. Non farò la lista completa, ma ho preso qualcosa da ognuno di loro. Positive e negative. Qualcuno di loro mi ha fatto vedere cosa fare, qualcun altro cosa non fare. Adesso come allenatore, ho guardato spesso Guardiola con grande ammirazione. E’ una cosa facile da dire, vero? Ma mi piace come pensa al gioco. Mi piace che la sua idea sia sempre andare oltre gli avversari.

L’influenza maggiore per me, parlando di stile di gioco, essendo offensivo e attaccando i tuoi avversari, è stato Zdenek Zeman. Zeman è stato un precursore. Le sue squadre erano super offensive. Erano perforanti e cercavano di segnare un gol più degli avversari. Di solito non sono un fan dell’imitazione o del copiare il lavoro di qualcun altro. Ma ho imparato riguardo il lato offensivo del gioco da lui, e ne traggo ancora oggi grandi benefici.

La mia filosofia è provare a dominare il gioco. Ovviamente, non è sempre possibile. Prima di allenare la Roma, allenavo il Sassuolo. Anche quando giocavamo con squadre che erano chiaramente superiori, abbiamo sempre provato a fare la partita cercando di colpire l’avversario. Non mi piace il possesso sterile. Il possesso fine a se stesso. Io non voglio stare seduto ad aspettare l’avversario. Io voglio andare a prenderlo. Non puoi farlo sempre, ma è quella l’idea.

Il gioco è migliorato da quando ero giocatore. E’ migliorato da un punto di vista tecnico. E’ più veloce. Il portiere non prende più il pallone spesso. Ci sono meno tempi morti, e minori sono i tempi morti più bello diventa il gioco. Ora possiamo tutti fare analisi e studiare i filmati. La differenza però è fatta da quelli che riescono ad andare oltre quello che vogliono. Come ho già detto, guardare e provare a imitare qualcuno non è lo stesso che essere un allenatore che sente qualcosa e riesce a trasmetterlo ai propri giocatori. Per questo motivo, penso che ci sarà sempre qualcosa di nuovo nel calcio. Ci sarà sempre qualcuno che ha una strada propria nel fare le cose e che sia bravo a trasmetterla ai suoi giocatore. Guardo la mia Roma adesso, e penso che De Rossi abbia la possibilità di farlo. Ha i tratti caratteriali, l’esperienza e la conoscenza. Ha lavorato con tanti allenatori. Speso in futuro di essere tra quelli che gli hanno lasciato un marchio.

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Il calcio non è una scienza. Ma credo che la scienza possa guidare il calcio alla crescita. Le statistiche sono utili. Possono darti importanti piste o indicazioni quando stai per prepararti ad una gara, o quando provi a migliorare le debolezze che potresti avere. Se vedo una statistica che mi mostra che la mia squadra non sta giocando molto in verticale, lavorerò su questo lato del gioco più del resto in allenamento perché sono una allenatore che preferisce giocare in verticale.

In una squadra come la Roma, una familiarità con l’ambiente è sicuramente un vantaggio. Non è mai facile riuscirci, ma dalla mia esperienza come giocatore è un grande vantaggio. Il ruolo dell’allenatore in Italia è completamente differente. Ci sono tante responsabilità, e l’ambiente non deve mai essere una scusa. Chiunque arrivi qui sa che i media e le situazioni che incontrerai sono completamente differenti. I tifosi sono molto passionali e sperano di vincere quello che manca da tanto tempo. A volte, quel desiderio può diventare più grande di quanto possiate immaginare. Ma è qualcosa che rende davvero orgogliosi poter allenare la Roma, sapendo che devi fare bene, equilibrando il lavoro gestendo l’esterno. Nel 2001, quando ho giocato per l’ultima Roma che ha vinto il campionato, ho avuto un po’ di bravura e un po’ di fortuna. Il presidente Sensi ha investito molti soldi, ed eravamo una grande squadra. Allo stesso tempo, per vincere titoli hai bisogno di un grande spirito di squadra. Dietro grandi giocatori, quella squadra aveva grandi uomini.

Le persone parlano troppo facilmente della mentalità vincente. Prima di questa, è necessario creare un ambiente vincente con regole, per poi avere una base sulla quale diventare vincitori. Questo richiede tempo. Hai bisogno di costruire. Devi dare alla gente che arriva il tempo per lavorare. Nel calcio, è spesso il caso in cui la gente vuole tutto e subito. Questo non permette di migliorare la squadra, l’allenatore o la società. Spero che questo possa essere quello che farò qui. Dobbiamo lavorare cercando di raggiungere un obiettivo senza sottovalutare nulla. Nemmeno i più piccoli dettagli. Sono i dettagli a fare la differenza. Questo vale per tutto. Anche chi taglia il prato”.

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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