NOTIZIE AS ROMA DZEKO – Edin Dzeko, attaccante della Roma, ha rilasciato un’intervista al numero di marzo di FourFourTwo, uscito lo scorso 6 febbraio. Queste le sue dichiarazioni:
Come ti stai trovando a Roma?
“Sono molto felice qui. È
la mia quarta stagione, il tempo è volato! Ci sono stati alti e bassi, quando ti
trasferisci in un nuovo paese ti devi abituare a un nuovo campionato e una nuova
cultura, e forse mi serviva più tempo qui in Italia di quanto me ne sia servito
in Germania o Inghilterra, ma ora mi sento come a casa. Sono felice di essere
venuto qui. La Serie A era il campionato migliore del mondo quando ero un
bambino”.
Quindi guardavi molta Serie A da giovane? Per chi
tifavi?
“Sì, la mia squadra preferita era il Milan e Shevchenko era
il mio giocatore preferito. Mi ispiravo a lui. Non penso che i nostri stili
siano simili, però. Era solo il calciatore che mi esaltava”.
Sei entrato nella storia come uno dei migliori marcatori della Roma.
Sei nel momento migliore della tua carriera?
“Per certi versi. In
Champions League, sicuramente, ho giocato più partite qui e segnato più gol in
assoluto. Ho giocato questa competizione anche col Manchester City e il
Wolfsburg, ma a Roma abbiamo raggiunto la semifinale e ho segnato 15 gol in tre
anni e mezzo, il mio rendimento migliore. Due anni fa sono stato capocannoniere
in campionato e anche in Europa League. Quindi, sì, certamente. Sai come
funziona con noi giocatori: quando sei più vecchio, tutti si aspettano il tuo
declino. Ma io mi sento bene. Mi alleno molto, e il lavoro duro sta pagando. Non
sono mai stato il giocatore più veloce della squadra, e col passare degli anni
c’è più possibilità di farsi male e perdere velocità, così lavoro duro per
evitare infortuni e dare il meglio, nonostante compirò 33 anni a marzo”.
Con altri due gol aggancerai Francesco Totti in testa alla classifica
marcatori di Champions League della Roma a quota 17. Cos’è che ti fa dare il
meglio in questa competizione?
“Gioco sempre, e la squadra ha fatto
molto bene in quest’ultimo anno e mezzo. Siamo arrivati in semifinale, dunque ci
sono state più partite e possibilità di segnare. L’anno scorso è stato pazzesco
per i calciatori, il club e i tifosi, e anche quest’anno abbiamo cominciato
bene. Ho giocato in Champions League in tre degli ultimi quattro anni qui, non
sono sicuro che la Roma in passato abbia partecipato così regolarmente al
torneo. In quell’anno, tra l’altro, siamo stati sfortunati a uscire col Porto,
rimediando tre espulsioni in 180 minuti. Non fosse stato per quello, avremmo
giocato la Champions League ogni anno. È buono per il club”.
Il tecnico della Roma Eusebio Di Francesco ha detto che trova che tu
giochi meglio di notte. Come mai?
“Non penso valga solo per me.
Chiedi ai giocatori se preferiscono giocare all 15 con 25-30 gradi o alle 21
quando è più fresco, tutti ti direbbero la seconda. È vero ciò che dice
l’allenatore: mi piacerebbe giocare sempre di sera!”.
Roberto Mancini, tuo ex allenatore al Manchester City, ha
recentemente dichiarato che sei stato uno dei più forti attaccanti d’Europa per
anni. Pensi di essere sottovalutato?
“Non ci penso. Un giocatore può
essere popolare e un altro meno, quindi non mi interessa. Faccio solo il mio
lavoro. Mancini mi conosce bene, stavamo insieme al City, ma non so se io sia
sottovalutato o sopravvalutato”.
Siete ancora in contatto?
“Sì, abbiamo parlato qualche
volta qui. È stato un sogno per lui ottenere il lavoro con la nazionale e spero
che faccia bene. Anche se a volte mi arrabbiavo con lui quando non giocavo, il
nostro rapporto era buono. L’Italia ha una nuova squadra con tanti giovani,
spero facciano bene”.
Più tardi torneremo a parlare del Manchester City, ma prima dobbiamo
parlare della rimonta contro il Barcellona della scorsa stagione. È stato un
picco della tua carriera?
“Certamente, per tutti noi. Nessuno si
aspettava una cosa del genere dopo la sconfitta per 4-1 all’andata. E stavamo
giocando contro il Barcellona: prima dovevi segnare 3 gol, poi essere sicuro di
non concederne. Penso che tutto sia andato per il verso giusto. Abbiamo segnato
subito, che è importante perché ti dà energia e fa sì che la folla ti segua
ancora di più. Non avevo mai visto il Barcellona in tale difficoltà come quella
volta, non erano loro stessi, nonostante fosse principalmente perché li
pressavamo molto in alto e non potevano quindi fare il loro gioco. Abbiamo
raddoppiato e lì abbiamo cominciato a crederci. Sull’1-0 la strada è ancora
lunga. Ma dopo che Daniele ha segnato il rigore del 2-0, ho veramente creduto
che ce l’avremmo potuta fare”.
È servito il secondo gol, quindi?
“Sì, perché sull’1-0
dovevamo segnare ancora due volte, ovviamente, e non è facile. E non potevamo
subire gol. Dopo il secondo gol c’era ancora mezz’ora da giocare, e in mezz’ora
tutto può accadere. Abbiamo continuato a giocare come avevamo fatto, aggressivi
e alti sul campo, sperando che il gol sarebbe arrivato, come è accaduto quando
ha segnato Kostas”.
È stato difficile rimanere calmi e finire il lavoro sul
3-0?
“Sapevamo di star giocando per arrivare in semifinale, che
forse nessuno di noi aveva mai giocato; solo Kolarov, penso, col Manchester City
due anni fa. Dovevamo difendere tutti insieme. Il Barcellona ha avuto una chance
alla fine, ma niente di serio”.
Sii onesto: pensavi fosse finita dopo l’andata?
“Sì.
Pensavo che forse ci sarebbe stato l’1% di possibilità di passare il turno.
Quando ho segnato stavamo sotto 3-0, non avrei detto di essere fiducioso ma in
quel momento ci credevo. Poi il quarto gol mi ha ucciso. ero devastato quando
abbiamo subito quel gol. Ho pensato che sarebbe stato difficile, ma il calcio è
pazzo”.
Quanto è stato speciale nel contesto della tua carriera? Hai giocato
anche un ruolo importante nella vittoria del Manchester City sul QPR che è valsa
il titolo, e hai aiutato la Bosnia a raggiungere il suo primo
mondiale.
“È stato certamente uno dei momenti top, nonostante fosse
diverso da quello col QPR, perché lì stavamo lottando per il titolo e tutto è
accaduto nell’arco di due minuti, mentre qui avevamo 90 minuti per cambiare il
match e l’abbiamo fatto. È stata una delle più grandi partite mai giocate dalla
Roma, e rimontare 3 gol al Barcellona è ancora più difficile”.
È stato il boato più forte mai sentito in uno
stadio?
“Sì. Lo stadio era pieno prima della partita anche se
avevamo perso 4-1 all’andata, l’atmosfera era buona. Ma quando segni a inizio
partita, la gente impazzisce. Ci ha dato più energia sul campo e noi abbiamo
dato loro più energia per supportarci”.
Hai rimpianti per il confronto col Liverpool?
“Certo.
L’andata ci ha impedito di raggiungere la finale. Abbiamo segnato 6 gol in una
semifinale e siamo comunque andati fuori, mi manda ai matti. Abbiamo perso tutto
in quella partita”.
Ti ha dato particolarmente fastidio come attaccante? Hai segnato
tutti quei gol e avete perso lo stesso.
“Avrei preferito non segnare
e andare in finale”.
Pensi che sarebbe potuta andare in altro modo?
“Sì. Li
abbiamo battuti 4-2 in casa e abbiamo segnato 2 gol a Liverpool, non è facile.
Non so chi altro ha segnato 6 gol in una semifinale ed è uscito. Il problema è
stato che non abbiamo pensato al ritorno durante l’andata. Dovevamo pensare a
tutti i 180 minuti, non solo ai primi 90. Abbiamo commesso troppi errori nella
prima partita e coi giocatori che ha, il Liverpool ti punisce”.
È stata la grande occasione persa della Roma?
“Sarà
difficile rifarlo, anche se neanche l’anno scorso se lo aspettava qualcuno. Mai
dire mai, ma era una grande chance di arrivare in finale”.
Totti è ancora coinvolto col club dopo il ritiro, come dirigente.
Come è averlo intorno?
“Sta qui tutti i giorni. Preferirei che fosse
più giovane e potesse ancora giocare, segnerei più gol! Non abbiamo giocato
molte partite insieme, ma penso che abbiamo fatto bene. L’unico rimpianto è
stato non poter giocare con lui nei suoi anni migliori. Da attaccante, segni di
più con un giocatore come lui”.
Avete scherzato sul fatto di poter infrangere qualche suo
record?
“No, non ne abbiamo parlato. I record sono lì per essere
superati, da me o da qualcun altro, ma non penso che qualcuno riuscirà a battere
il suo record di gol”.
Come ripensi al tuo periodo al Manchester City?
“Sono
stato lì quattro anni e mezzo, ho vinto dei trofei – che il City aspettava da 44
anni – e sono stato molto bene, è stato un periodo speciale della mia carriera.
Seguo ancora il City, quando posso. Lo sento come il mio club, ed è stato un
piacere giocare nel miglior campionato del mondo. Vuoi giocare con i migliori e
competere con i migliori, quindi volevo andare in Inghilterra”.
Cosa ti fa dire che la Premier League è il miglior campionato del
mondo?
“I migliori giocatori sono lì. Il ritmo è diverso. Tutto è
migliore. Per esempio, ci sono 6 squadre che possono vincere. Non puoi mai dire
che vincerai una partita facile”.
Sei orgoglioso di essere parte dello storico titolo del
2011-2012?
“Nonostante avessimo giocato un ottimo calcio per tutto
l’anno, vincere il campionato in quel modo nel recupero lo ha reso ancor più
pazzesco, ed sono stato felice di esserne stato parte. Ricordo di essere
arrivato nel gennaio 2011 ed è pazzesco vedere quanto il Manchester City sia
cresciuto come club da allora. Per essere con i migliori, però devono vincere la
Champions League”.
Ti consideri un tifoso del Manchester City, quindi. Vale lo stesso
per tutti i club in cui hai giocato?
“Sì. Seguo il Wolfsburg perché
anche lì abbiamo fatto la storia. Sono stato lì per tre anni e mezzo e abbiamo
vinto l’unico titolo della storia del club”.
Guardando indietro alla partita col QPR, puoi parlarci di quel che
ricordi?
“Forse pensavamo tutti che sarebbe stata una partita
facile. Bastava vincere in casa per diventare campioni. Io ero in panchina, e
ricordo che quando Zabaleta segnò, pensammo che sarebbe stato più facile. Ma poi
loro pareggiarono dal nulla, ma rimediarono un cartellino rosso e forse
rimanemmo troppo scoperti dietro, loro fecero un contropiede e segnarono il 2-1.
In panchina, Mancina stava imprecando contro tutti per come avevamo incassato il
secondo gol. Mi chiamò e mi mise dentro subito. Avemmo occasioni, ma niente di
speciale, perché sapevamo cosa stavamo bruciando e la pressione era troppa. In
qualche modo segnammo quel secondo gol, che ci diede un po’ di speranza. Il
tempo volava e dovevamo segnare ancora, quindi quando pareggiai tornai subito a
metà campo, per avere più tempo. Fummo fortunati a segnare il terzo, perché
avevamo una sola azione d’attacco per farlo, con Sergio Agüero. Fu fortunato, ma
alla fine meritato”.
Cosa ti passava in mente quando sei entrato?
“Sapevo di
dover fare solo il mio lavoro: segnare. E basta. Non pensavo a nient’altro”.
Hai menzionato il fatto che i calciatori avvertivano la pressione:
anche tu?
“Certamente. Era tutto su un piatto d’argento e stavamo
buttando l’accasione troppo facilmente. Ma ci provammo nonostante la pressione
anche se, forse, non ci credeva nessuno”.
Che ricordi hai del gol di Agüero?
“Lo ricordo come un
grande sollievo, più che altro. Nient’altro, solo sollievo. Sapevamo di avercela
fatta, dopo tutta quella pressione e i 20 minuti finali. Quando Sergio ha
segnato… non so neanche spiegarlo”.
Come furono i festeggiamenti?
“Non lo ricordo con
precisione. Andammo su un bus scoperto il giorno dopo, quella sera ce la godemmo
tutti insieme”.
Hai un cimelio di quelle partite?
“Ho tutte le maglie con
cui ho giocato, del City, del Wolfsburg e della Roma, che tengo a casa.
Quell’anno avevamo una maglietta celebrativa, con tutte le firme dei
giocatori”.
È stato un grande momento per Manchester City nel loro processo di
superamento del Manchester United come migliore club cittadino. Hai anche
segnato una doppietta nel 6-1 di Old Trafford. C’era la sensazione che quel
risultato fu di grande importanza nella storia di quella
stagione?
“Battere qualcuno 6-1 in casa propria vuol dire infliggere
un’umiliazione, specialmente in un derby, è ancora peggio. Successe tutto molto
velocemente, penso che segnammo tre volte negli ultimi 5 minuti o qualcosa del
genere. Forse quella partita ci diede forza ed energia per pensare che avremmo
potuto farcela, che eravamo la squadra da battere. Battere lo United con Alex
Ferguson, uno dei più grandi allenatori della storia, fu un momento speciale per
noi e per i tifosi. Da lì ci amarono di più. È pazzesco pensare quante belle
partite e momenti speciali abbiamo avuto in quei quattro anni e mezzo: battere
lo United, vincere due titoli, più due coppe e anche il Community Shield. E lo
united aveva sempre quella bandiera con cui contava gli anni in cui il City era
rimasto senza titoli, prendendosi gioco dei tifosi. Dopo quel 6-1 si
calmarono”.
Senti la rivalità con lo United oggi? Godi nel vederli
perdere?
“No, non la vedo per niente così. Quando il City gioca,
voglio che vincano, ma quando gioca lo United, se non tifo la squadra contro cui
giocano, non mi interessa”.
E ti vedi un giorno di nuovo in Inghilterra?
“Non lo so,
non ci penso. Non sai mai cosa accadrà domani, ma sono qui e con un anno e mezzo
ancora di contratto. Vedremo cosa succederà. Per il momento, sono felice di
essere qui a Roma”.
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