Justin Kluivert

Justin Kluivert continua a tenere compagnia ai tifosi della Roma durante il lockdown. Nella sua dodicesima intervista dall’inizio della reclusione, il talento olandese parla a Voetbalzone.nl. Queste le sue dichiarazioni:

Sul padre
“Certamente ho osservato mio padre quando era giovane, ancora lo faccio. Lui anche si assicura sempre che io continui a migliorare. Ma guardo anche altri giocatori, come Ronaldo e messi. Ci ho messo un momento a realizzare che mio padre è stato un grande giocatore e anche quando l’ho realizzato, mi sembrava ancora una cosa un po’ strana. Perché alla fine era solo mio padre. Non l’ho mai visto giocare all’apice della sua carriera, ma le persone lo ammiravano per quello che ha fatto. Anche io lo ammiro, ma lo vedo in modo diverso”.

Ti vedevano come il figlio di Patrick?
“Quando avevo dieci anni, molte persone pensavano che venivo scelto solo per chi era mio padre. Ma questa cosa mi ha sempre motivato. Mi ha reso chi sono e mi ha migliorato come calciatore. Mi ha migliorato anch dimostrare ogni giorno che non c’entrava niente il nome che portavo”.

Le giovanili nell’Ajax?
“A una certa età hai la sensazione di poter diventare un grande giocatore. All’Ajax gli allenatori delle giovanili mi dicevano che in quel club ce la facevano due o tre giocatori. A quel punto ti chiedi se rientri tra quei giocatori e questa cosa ti motiva a lavorare sempre di più ogni giorno”.

Il debutto?
“Un sogno, ho lavorato molto per dieci anni per arrivare a quel momento”.

La Roma?
“All’inizio non avevo ansia di partire. C’erano interessanti offerte e opportunità che volevo discutere con la mia famiglia. Non è stata una scelta facile, ho giocato all’Ajax per tutta la vita. Alla fine, ho pensato di poter partire. Avevo visto la Roma raggiungere le semifinali di Champions l’anno precedente. È un grande club e per me era una grande sfida. La città è bella e qui un giocatore può crescere, era quindi una situazione favorevole.

Il cambio di numero?
“Quando sono arrivato qui, ho scelto di giocare col numero del mio amico Nouri. Penso a lui ogni giorno. Avevo in mente di giocare con la maglia numero 34 per un anno, volevo farlo per lui. La scorsa estate poi volevo vestire la 11, ma è di Kolarov. Gliel’ho chiesto un centinaio di volte, ma non ha voluto rinunciarci. Alla fine ho scelto il 99, perché sono nato nel 1999”.



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