Monchi, direttore sportivo della Roma, ha rilasciato un’intervista a Marca facendo il punto della situazione sulla sua esperienza in giallorosso e parlando degli obiettivi di mercato del club di Pallotta. Queste le sue dichiarazioni:
Dopo un anno di Roma è soddisfatto?
Sono felice di come mi sono adattato, di come sta andando, anche se tutto si può ovviamente migliorare. È stato un anno in cui tutto è successo molto velocemente. Dopo aver passato tutta la mia vita al Siviglia, adattarmi a una nuova città, a un nuovo club, a un’altra filosofia, a una nuova lingua… Considerando tutto questo sono felice.
A Roma hai trovato quello che stavi cercando?
A livello professionale sì, perché sto lavorando con la fiducia e il rispetto della società e dei colleghi, ed è quello che stavo cercando. Continuo a lavorare come mi piace, continuo ad essere Monchi.
Hai avuto molti meriti nel periodo d’oro del Siviglia, volevi dimostrare di essere in grado di fare certe cose anche altrove?
Non era una sfida personale, ma un’idea per cambiare la mia carriera dopo tanto tempo a Siviglia, ma senza alcuna sfida. E’ una possibilità che mi ha dato il destino, lavorare fuori dalla Spagna e da Siviglia e cercare di continuare a crescere come professionista in una nuova squadra. Nessuna sfida o test per dimostrare qualcosa. È tutto molto più normale. Non sono venuto a Roma per dimostrare qualcosa, ma per continuare a crescere.
Qual è l’obiettivo a lungo termine alla Roma?
Roma ha una necessità storica di raggiungere successi e titoli. Questa è la risposta facile, ma penso che l’obiettivo professionale e personale debba essere quello di far arrivare la Roma a lottare per le competizioni che gioca. Non cerchiamo solo il successo a lungo termine, ma anche di vincere a breve e migliorare nel tempo.
Nel corso degli anni, sei diventato il simbolo del ds di successo. Tutti i club vogliono avere un Monchi. Come sei arrivato a questo?
Dubito che io sia un simbolo di qualcosa. Sono un professionista che negli anni della mia carriera ha avuto fortuna e successo nel realizzare cose importanti. Altri non sono stati così bravi ma mi hanno aiutato a migliorare. Posso solo essere un riferimento per il lavoro, che è ciò che mi ha dato la possibilità di avere successo. Il lavoro ti dà successo. Bisogna dedicare la massima attenzione e coerenza, adattandosi alle circostanze, per raggiungere l’obiettivo. Quando non ci sono riuscito, ho cercato di imparare.
Il Barcellona ha investito cifre esorbitanti per prendere giocatori dal Siviglia (Alves, Adriano, Keita, Rakitic). Per loro sarebbe stato più economico prendere te prima?
No, al Barça ci sono sempre stati ottimi direttori sportivi. E’ normale ci sia stata tanta richiesta. Il Barça studia il livello tecnico e caratteriale dei giocatori del Siviglia, è logico perché il livello delle aspettative lì è alto, anche se non quanto al Barça. È lo stesso campionato e c’è già l’adattamento alla lingua e al paese. È logico che sia una fonte da cui attingere. Rivesciamo la cosa e diciamo che i giocatori che hanno lasciato il Siviglia hanno fatto grandi cose, così come i direttori sportivi del Barcellona.
A volte il suo nome è stato accostato al Barça, ma c’è mai stato un momento in cui è stato vicino ai blaugrana?
No. Mi è stato chiesto più volte di questa cosa, ma nessuno dal Barça mi ha mai chiamato. Ci sono sempre state voci, ma non abbiamo mai parlato direttamente dell’argomento.
Qual è il ruolo in cui è più complicato fare un buon acquisto?
I due più specifici: il portiere e l’attaccante. Il portiere perché deve evitare i gol e l’attaccante perché deve farli. È dove è più difficile trovare e colpire.
Si parlava dell’interesse della Roma per Yerry Mina a gennaio. Cosa ne pensi del colombiano?
In inverno non c’è stato niente. Lo conosciamo, ovviamente. Penso che ci vorrà tempo, come al solito, in quanto viene dal Sud America e a Barcellona c’è concorrenza. E’ forte, potente, segna e gioca il pallone con ordine. Immagino che se il Barcellona lo ha preso lo è perché ha le qualità, ma è ancora presto.
Come vedi la partita di Champions League contro il Barça?
Ovviamente è difficile. È la prima parola che viene in mente. Con un’alta percentuale di possibilità per il Barça, ma non è per niente impossibile. Non è affatto già decisa. Devi lottare, sapendo che le tue possibilità sono più basse, perché è quello che dice la storia, la qualità e il fatto che abbiano un giocatore come Messi. Cercheremo di cogliere l’occasione. La speranza che c’è adesso a Roma è molto grande e la speranza a volte sposta le montagne e ti aiuta a raggiungere cose impossibili.
Il giorno del sorteggio non c’era troppo ottimismo. Con l’avvicinarsi della partita ci credi?
L’ottimismo non deve essere l’argomento di un direttore sportivo. Continuo a pensare che non abbiamo avuto fortuna nel sorteggio e che sia difficile, ma nessuno dovrebbe considerare la Roma già morta. Io mantengo la stessa opinione.
Cosa ne pensi dell’evoluzione che il Barça ha avuto con Valverde?
Penso che sia migliorato, è un cambiamento importante rispetto a Luis Enrique. Penso che sia un allenatore, per quello che ha fatto per molto tempo, con una capacità enorme e non sono sorpreso di come il Barça si sia adattato alla sua idea di gioco.
A Barcellona è stato celebrato l’accoppiamento con la Roma. Questo eccesso di sicurezza può avvantaggiarli?
Immagino che i giocatori non saranno esageratamente ottimisti quanto la stampa. Si tratta di un po’ di ignoranza, la Roma non è molto conosciuta ma Tutto è ignoranza e la Roma non è una squadra molto seguita, ma ha una formazione titolare con molti giocatori di livello internazionale. Sono convinto che lo spogliatoio del Barcellona non abbia lo stesso ottimismo e rispetti la Roma il più possibile. Il Barça sa che a questi livelli non ci sono avversari facile.
Per quelli che non hanno visto la Roma al di fuori della Champions League, cosa devono aspettarsi?
Non voglio darti indizi, ma è una squadra compatta, con le linee molto ravvicinate che lasciano pochi spazi, con un pressing alto ed è forte fisicamente. Questo è il riassunto, senza dare indizi.
Una delle attrazioni della partita sarà Alisson. Stai già cercando di trattenerlo?
Nessuno ce lo ha chiesto. È chiaro che sia difficile passare inosservato per le prestazioni che sta facendo. Non dimentichiamo che è il portiere del Brasile e attira molte attenzioni, ma non siamo disturbati da queste voci attorno a lui.
Sta seguendo Arthur (centrocampista classe ’96 del Gremio, ndr)? È bravo come dicono?
Sì. E’ giovane, con una maturità importante perché ha giocato in squadre di prestigio in Brasile, dove la pressione è grande. E’ un giocatore che sa giocare molto bene il pallone, è intelligente tatticamente, chiede il pallone. Penso che sia un giocatore interessante, non so se sarà acquistato da qualcuno, ma è uno dei migliori in Sudamerica.
Domani ci sarà Siviglia-Barça e poi un altro scontro in Copa del Rey. Come vedi la tua squadra?
Penso che stia arrivando a quello che vuole Montella in Coppa, dove ha raggiunto la finale, come in Champions League, dove invece è arrivato ai quarti di finale eliminando il Manchester United. È una stagione degna di nota. In campionato sono in ritardo, ma c’è tempo per finire al meglio. Penso che il Siviglia debba essere felice.
Immagino che il sogno di ogni direttore sportivo sia trovare un talento come Messi. Averlo da bambino per fargli fare tutta la sua carriera nella tua squadra. Ti sei mai imbattuto in un caso del genere?
Non così tanti. Qui a Roma abbiamo un esempio di questo viaggio come è Totti, che qui nacque e finì dopo anni avendo vinto un campionato e una Coppa del Mondo. Non è facile in questo mondo in cui ci troviamo. Un giocatore del livello di Messi o Totti, che ha fatto tutta la sua carriera nella stessa squadra.. Questo dice molto di loro, ma sono casi difficili da ripetere.
Sogni di incontrare il Siviglia più avanti in Champions League?
Se ci incontreremo sarà un buon senso perché vorrà dire che siamo passati entrambi. Sarei felice, anche se sarebbe una situazione molto complicata da gestire. Però sarebbe una gioia per entrambi.
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