Editoriale
Morte di Papa Francesco e Serie A: perché fermarsi è stato giusto. Rispetto e memoria prima di tutto

ULTIME NOTIZIE MORTE PAPA FRANCESCO – In questi giorni ho letto e sentito di tutto. Da più parti – tra opinionisti, dirigenti, addetti ai lavori e anche qualche collega “giornalista” – si è messa in discussione la sospensione delle partite di Serie A in seguito alla morte di Papa Francesco, avvenuta ieri, 21 aprile. “Si doveva giocare comunque”, “ma i tifosi?”, “perché fermare il calcio?”… frasi fatte, spesso pronunciate con superficialità e un pizzico di cinismo.
Eppure basterebbe un pizzico di memoria storica e di rispetto per capire che fermare tutto, anche lo sport, è stata la decisione più giusta. Chi ha un minimo di ricordo sa perfettamente cosa accadde nel 2005, alla morte di Giovanni Paolo II: tutte le manifestazioni sportive vennero sospese, dalla Serie A fino ai settori giovanili e ai dilettanti. Nessuno osò protestare, perché era naturale e doveroso rendere omaggio a un Papa, figura non solo religiosa ma anche simbolo di riferimento morale per milioni di persone nel mondo.
Oggi, invece, sembra che tutto debba continuare in nome del business, delle dirette TV, del “non disturbare i tifosi”. Ma non muore un Papa tutti i giorni, e se esiste il detto “ogni morte di Papa” un motivo ci sarà. È un evento storico e straordinariamente doloroso per la Chiesa cattolica e per l’intera umanità credente. Fermarsi per un giorno, per riflettere, commemorare, onorare la figura del pontefice, dovrebbe essere il minimo sindacale in un Paese che si definisce ancora a maggioranza cristiana.
Quanto alla polemica sollevata dalla Lazio, che avrebbe espresso “disappunto” per la riprogrammazione della gara con il Genoa senza consultazione preventiva, e per la volontà di partecipare ai funerali del Papa, si può tranquillamente rispondere così: se Claudio Lotito vuole essere presente ai funerali, può andarci come rappresentante della società. Nessuno glielo impedisce. Ma la vita è fatta di scelte: o vai a un evento di Stato o stai vicino alla tua squadra. Il calcio non può e non deve fermare lo Stato o la Chiesa, così come non può pretendere di avere sempre e comunque la priorità su tutto.
Infine, leggere da parte di alcuni cronisti – o presunti tali – l’argomentazione secondo cui “Rispetto per il Papa, ma ai tifosi chi ci pensa?” è una sciocchezza colossale. Perché la verità è semplice e inequivocabile: qualsiasi partita di Serie A avrebbe avuto meno ascolti televisivi dei funerali del Papa. Punto. Scommettiamo? Non servono nemmeno i dati per provarlo.
In un mondo che sta perdendo valori, dove tutto è veloce, dove la memoria è corta e la superficialità regna sovrana, fermare il calcio per la morte del Papa è stato un gesto che ha ricordato a tutti che la spiritualità, il lutto e la memoria collettiva contano ancora qualcosa. O almeno, dovrebbero.
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