NOTIZIE AS ROMA PALLOTTA – Il presidente della Roma, James Pallotta, ha rilasciato un’intervista ai media del club giallorosso parlando a 360 gradi. Queste le sue dichiarazioni:
Jim, dopo sei anni da presidente dell’AS Roma, ti senti di aver
raggiunto quanto ti aspettavi?
“Per alcuni versi sì, per altri no.
Avevo i capelli, ora li ho persi quasi tutti. Quando siamo subentrati come
proprietà, avevamo l’obiettivo di valorizzare l’immagine della Roma e della sua
storia per costruire un marchio globale che potesse aiutarci ad avere successo
sul campo. Se guardo indietro a questi primi sei anni, alzo le mani e ammetto di
aver commesso degli errori, ma penso che in alcune aree siamo riusciti anche a
superare le aspettative. Credo che dal punto di vista calcistico, centrare quasi
costantemente l’accesso alla Champions League, senza gli introiti provenienti da
uno stadio di proprietà, ci abbia aiutato a rendere la Roma un marchio globale
sostenibile. Per quanto riguarda gli aspetti di business, siamo finalmente
riusciti a mettere su una buon team. Una delle cose più difficili per me è stata
la carenza di talenti imprenditoriali nel calcio europeo e la ricerca di persone
di livello. Ho toccato con mano che può essere difficile trovare persone
provenienti dall’estero disponibili a lavorare direttamente dall’Italia, dove il
cerchio per individuare qualcuno è inevitabilmente più stretto. E credo che da
questo punto di vista ora abbiamo finalmente messo su una grande squadra. Per
esempio, parlando in termini di social media e di quello che abbiamo fatto con
Roma Studio è stato qualcosa di unico”.
Qual è la cosa che ti ha demoralizzato di più?
Ovviamente
i ritardi nel progetto stadio ci hanno riportato indietro di due o tre anni.
Pensavamo che oggi ci saremmo trovati molto più vicini all’apertura e tutto ciò
ci avrebbe aiutato a generare entrate di gran lunga maggiori, per poter
competere costantemente con i più grandi Club di Europa. Nel merchandising non
siamo stati in grado di andare nella direzione che avremmo voluto intraprendere,
ma le cose stanno cambiando. Il ticketing in passato non è stato gestito al
meglio, ma ora finalmente stiamo andando nella direzione giusta. A livello
commerciale ci è voluto un po’ per accelerare rispetto al punto di partenza e
negli ultimi due anni siamo andati decisamente meglio. Ritengo che l’anno scorso
sia stato grandioso, perché abbiamo stretto delle grandi partnership globali, ma
abbiamo bisogno di aumentare ulteriormente le entrate per poter competere
regolarmente sul campo. Questo è un dato di fatto. A volte in passato mi sono un
po’ demoralizzato quando percepivo che qualche persona nell’area business non
avvertiva la stessa urgenza di raggiungere i più alti livelli a cui sono
abituato e che mi piacerebbe vedere. Quindi, per rispondere alla domanda, c’è
stato mix di aspetti positivi e demoralizzanti. Chiunque mi conosce, sa che non
mi ritengo mai totalmente soddisfatto, ma penso che stiamo cercando di mettere
in piedi un marchio globale e credo che in generale la Roma goda di molto più
rispetto a livello internazionale nel mondo del calcio rispetto a sei anni fa”.
Il progetto Roma ti emoziona ancora?
Sì. Onestamente, gli
ultimi sei o sette mesi sono stati difficili, a causa dei ritardi nello stadio,
ma ora stiamo facendo nuovamente progressi. E non è un segreto che sono stato
deluso da alcuni risultati in questa stagione. Come ho detto prima, dobbiamo
migliorare, perché abbiamo alzato l’asticella dei nostri obiettivi sapendo che
possiamo raggiungerli. Se riusciamo a sistemare certe cose, vedrete il mio
entusiasmo salire alle stelle”.
Se tutti gli aspetti negativi ti rendono così nervoso, perché
continui per la tua strada? È una questione di soldi?
L’aspetto
economico non è la mia forza trainante con la Roma. A volte sono depresso e
frustrato perché odio perdere. Più di ogni altra cosa. In me c’è una natura
competitiva. So che alcune squadre hanno a disposizione un budget due o tre
volte più grande del nostro, ma non riuscire a competere sempre e a certi
livelli mi disturba comunque”.
Quando sei diventato Presidente hai detto che la Roma sarebbe entrata
tra i Top 10 club. Dopo tutta questa esperienza, pensi ancora che sia
possibile?
È possibile, ma non possiamo diventare un top 10 Club
senza uno stadio. Possiamo vivere grandi anni, come la scorsa stagione, e
passare periodi in cui andiamo fino in fondo in Champions League, ma voglio
arrivare a essere tra i top 10 e non parlo solo in termini di fatturato, ma di
tutto: mi riferisco al campo, alla percezione che c’è di noi, ai media, ai
social, a tutte queste cose. E per riuscirci abbiamo bisogno di più entrate: per
questo dico che lo stadio è il punto di svolta. Se si pensa che io sia più
ossessionato dallo stadio rispetto alla squadra, semplicemente è perché non
passa il mio messaggio: è proprio perché sono ossessionato dalla squadra che ho
questa determinazione a costruire lo stadio, per mettere su un gruppo in grado
di competere stabilmente a parità di condizioni con certi avversari”.
A che livello posizioneresti il Club adesso?
Penso che
negli ultimi anni, guardandoli complessivamente, il nostro sia un Club da top
20. A livello calcistico, direi che in questo gruppo ci sono probabilmente due o
tre squadre in Spagna, una o due squadre in Francia, due squadre in Germania,
sette in tutto. In Inghilterra ce ne sono altre sei e siamo a tredici, alle
quali possiamo aggiungerne forse cinque italiane. Guardandola in questo modo,
direi che sul campo siamo certamente tra le migliori 20. In alcune aree fuori
dal campo, penso che siamo tra i primi 10 club”.
Hai mai pensato di andartene?
No, mai. Faccio 61 anni fra
due settimane e questo progetto mi esalta ancora. Quando forse ne avrò 75 non
starò più qui a guidare questo Club, ma questo non è un progetto a breve termine
per me”.
Credi di essere frainteso?
Non penso. Parlo con molti
tifosi e so che capiscono cosa stiamo cercando di fare. Parlo anche con tanti
che non sono nostri fan e mi dicono “anche se non mi piace il tuo Club, stai
facendo un ottimo lavoro per il calcio italiano: ne abbiamo bisogno”. Ci sarà
sempre qualcuno che sosterrà come siamo interessati solo a vendere i giocatori
per fare soldi e io mi dico “Davvero? Non mi è entrato un centesimo in tasca dai
trasferimenti”.
Quando vedi gli striscioni che ti intimano di andare a casa o quando
senti dei cori contro di te, ti dispiace?
Sono onesto, una volta mi
faceva male. Non voglio dire bugie, all’inizio non lo accettavo. Ma ora non me
ne frega niente, perché so che il lavoro su cui ci impegniamo da tanto è solo
per il bene del Club. Quando perdiamo sbagliamo tutti, ma questo accade da molto
prima di me: anche gli altri presidenti della Roma sono stati criticati. Quando
me ne andrò qualcun altro verrà criticato allo stesso modo, ma per ora
preferirei che la gente criticasse me e sostenesse i giocatori. Dite quello che
volete su di me, ma supportate i calciatori. Sono nello sport da molto tempo e
non ho mai sentito un atleta dire che è stato veramente motivato dagli insulti
e dal livore dei propri tifosi”.
Dove speri di vedere questo Club tra cinque anni?
Beh,
tra cinque anni la Roma deve giocare nel nuovo stadio. Mi piacerebbe vedere una
grande squadra sul campo, competere per i trofei, davanti a dei tifosi
entusiasti a Roma e in tutto il mondo e un management solido in tutte le
aree”.
Un domani lascerai il Club. Quando accadrà come ti piacerebbe essere
ricordato?
Voglio che le persone sappiano che ho fatto tutto ciò che
potevo fare per la Roma. Cosa faccio, ti rispondo dicendo “eh sì, vorrei avere
quattro Champions League in bacheca”? E certo che lo vorrei, ma devo anche
essere realista. Il Leicester ha dimostrato che le cose incredibili possono
accadere anche nel calcio, ma quando vedo che ci impegniamo sul campo, provando
a vincere qualcosa, e che fuori dal campo stiamo facendo cose davvero di alto
livello, allora penso che sia effettivamente qualcosa di cui poter andar fiero.
In un certo senso, nulla mi rende più felice quando vedo la Roma fare delle
buone cose che dimostrano quanto ci teniamo, che abbiamo un cuore, che siamo
ambasciatori di questo grande Club e di questa grande città. Quando ho visto il
video di Michela, la nostra tifosa non vedente che assieme alla sorella
incontrava i propri beniamini, in cui si vedeva la passione con cui il nostro
Club si è preso cura di lei…mi sono sentito davvero orgoglioso. Quando su
Twitter leggo certe frasi, non solo dai nostri fan ma anche da quelli di altre
squadre, che dicono “che grande Società!”, ne vado davvero fiero. Queste cose mi
rendono mi rendono davvero felice e compensano alcune delle stupidaggini che
capitano. Io tengo a tutti noi, stiamo cercando di fare il meglio possibile. Mi
interessa l’atteggiamento dei calciatori e del nostro staff. Non voglio mai che
nessuno pensi che la Roma sia una società organizzata male. Alla fine, quando
andrò via, vorrei che la percezione fosse questa: che avevamo una grande squadra
che indossava i colori della Roma con orgoglio e ha combattuto sul campo per i
tifosi e per la città e che siamo stati una società di prima classe. Voglio che
le persone sappiano che abbiamo fatto le cose nel modo giusto, gareggiando e
cercando di vincere. La percezione deve essere questa, altrimenti
significherebbe aver fallito”.
In ultimo, nel fine settimana c’è una piccola questione come quella
del Derby.
Abbiamo delle grandi partite sabato e mercoledì. È per
questo che giochiamo a calcio. Queste sono partite che si attendono con ansia:
in cui c’è una gran posta in palio. Non chiedermi un pronostico, ma se giochiamo
come so che possiamo fare, siamo in grado ottenere i risultati di cui abbiamo
bisogno “.
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