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Pellegrini: “Ranieri mi capisce. Roma è casa mia, mai pensato di andare via”
AS ROMA NEWS PELLEGRINI – Lorenzo Pellegrini, capitano e simbolo della Roma, si è raccontato in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport. Il centrocampista giallorosso ha ripercorso i momenti difficili vissuti di recente, la gioia del gol nel derby e le prospettive sul suo futuro nella Capitale. Ecco i passaggi più significativi delle sue dichiarazioni.
Come si sta dopo aver deciso un derby?
“Bene, anche se era già qualche settimana che stavo bene. Nel senso che si è parlato forse anche un po’ troppo del mio umore. Era normale che fossi arrabbiato, le cose non stavano andando bene per tutti noi. E di questo ho parlato con il mister, anche se con lui non c’è neanche bisogno di parlare. Mi conosce bene, sotto alcuni aspetti ci assomigliamo e questo gli permette di capirmi. Lui è stato eccezionale, ha ridato a me, alla squadra e alla città quella serenità di cui avevamo bisogno”.
Ranieri ha sempre parlato bene di lei, ma poi non la faceva giocare…
“Abbiamo sempre avuto un bel rapporto, quello di chi non si dice troppe cose ma… Per esempio, la famosa chiacchierata prima della Lazio è durata in tutto due minuti. Poi ci siamo abbracciati. Era una cosa che sentivo: gli voglio bene, lo stimo come persona ancor prima che come allenatore. Qui ha rimesso a posto un po’ tutte le cose. Poi è normale che si possano incontrare delle difficoltà, ma con lui ora ci sembra tutto più giusto”.
Dopo il gol si è battuto a lungo il petto, sullo stemma. Che significato aveva quel gesto lì?
“A volte mi sembra che la mia riservatezza, il mio essere silente venga un po’ travisato, come se la personalità sia solo far casino. Per me non è così, la personalità è essere se stessi. Era un gesto per dire che questa per me è una società speciale, è casa mia. Non ci sarà mai un giorno in cui Pellegrini darà qualcosa in meno per la Roma. Era solo questo. Al di là di ciò che si dice su di me e su altri miei compagni, chi ci conosce sa che veniamo a Trigoria per fare il bene della Roma: che sia giocare, andare in panchina, anche lavorare per ritrovare il sorriso e poi rigiocare. L’impegno è sempre massimo”.
La gente al derby è tornata ad acclamarla, i fischi sono solo un brutto ricordo?
“Di questo sono contento, ho vissuto un momento difficile. Se un tifoso mi fischia perché gioco male ci sta, ma se succede a inizio partita perché qualcuno crede che io abbia fatto cose che non ho fatto, questo un po’ mi dispiace. Ma va bene uguale, vado avanti lo stesso. Quando Ranieri è arrivato non ero triste ma arrabbiato, perché le cose non stavano andando bene. E siccome io alla Roma ci tengo, quella situazione mi faceva male. È come quando torni in famiglia e capisci che qualcosa non va…”.
Lei è uno che interiorizza sempre tutto. Avere un carattere diverso l’avrebbe aiutata?
“È vero, se le cose non vanno per il verso giusto ci sto male. Sono uno molto autocritico e sempre pronto a chiedere a me stesso cosa posso fare in più per gli altri. A volte però dovrei scindere l’uomo dal calciatore. Il calciatore dovrebbe sempre giocare con leggerezza, l’uomo non ci riesce. E avere un altro carattere mi avrebbe aiutato. lo non sono uno che riesce ad esternare ciò che è con tutti, quanto ci tiene a una cosa. Ma sono uno leale. E se dico che ci tengo alla Roma, è così. Altrimenti non lo direi”.
Totti ha detto che, oltre a essere un capitano vero, lei è anche una persona onesta. Nel calcio è meglio essere onesti o ruffiani?
“Dipende da come sei fatto, a me peserebbe di più guardarmi allo specchio e non essere felice di chi sono come persona. Ho sempre pensato che la persona viene prima del calciatore. Mi piace stare in famiglia, che poi è il mio equilibrio. Lì capisci davvero quali sono le priorità della vita”.
Il momento più bello e quello più brutto da quando è tornato alla Roma.
“Facile, le due coppe. La Conference è storia, rimarrà lì per sempre. Era un sogno, anche con la mia famiglia, che è tutta romanista. Difficilmente penso che rivivrò un’emozione così: era il primo trofeo, da capitano, una gioia che non sarebbe raggiungibile neanche con altri trofei perché quello era il primo. Il più brutto Budapest. A inizio partita guardavo i miei compagni e vedevo che stavamo bene. Abbiamo fatto 35′ fantastici, lì mi dicevo: “Segniamone un altro che ne facciamo tre”. Eravamo perfetti. Poi abbiamo visto tutti cosa è successo…”.
Ma lei in passato ha mai pensato di andare via?
“No, mai. Di momenti duri ne ho vissuti tanti, ma anche di meravigliosi. Ma non sono uno che scap-pa. Credo che davanti alle difficoltà uno si debba assumere le sue responsabilità. Ed è quello che il mister mi ha letto negli occhi prima del derby. Qui un momento normale diventa bello, uno bello diventa meraviglioso e uno negativo diventa un disastro. Roma è questa, vive di passione. E io questa passione qui me la vivo al cento per cento”.
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ernesto
11 Gennaio 2025 - 08:56 at 08:56
Come si fa a non voler bene a questo nostro Ragazzo