NOTIZIE AS ROMA PIZARRO – David Pizarro a 39 anni decide di finire la sua carriera di calciatore. Dopo 17 anni tra Cile ed Europa, il Pek giocherà con la maglia della sua Universidad de Chile l’ultima partita, domenica in casa contro il Curico Unido. Il classe ’79 cileno ha rilasciato un’intervista a La Tercera:
Settimana di nostalgia?
Questa settimane è stata più serena. Mi sono già abituato all’idea del ritiro, ma questi giorni sono stati pieni di emozioni.
Perché questa decisione?
Perché è arrivato il momento. Arriva per tutti, anche per me. Per una questione personale, sono io che lascio il calcio e non il calcio che lascia me.
Hai già qualche rimpianto?
No, ma è comunque una cosa difficile. Ho parlato con i compagni, per l’affetto che mi hanno sempre mostrato, mi ha sorpreso. E’ qualcosa che ti lascia da pensare per tutto l’ambiente che si è formato, ma è una decisione elaborata da tempo.
L’Universidad ti ha chiesto di non ritirarti?
Sì, me lo ha chiesto. La maggior parte delle persone mi ha chiesto di ripensarci, e proprio per questo è stato più difficile.
Cosa farai della tua vita ora?
Mi riposerò molto. E girerò il mondo. Sono molto curioso di scoprire come il calcio si è evoluto. Cosa sta facendo l’Italia dopo il duro colpo di non essere andata al Mondiale. Spero di imparare molto e lavorare più avanti in Cile.
Vuoi lavorare con la Universidad?
Per quello che ho vissuto in questi due anni e per come le persone qui mi hanno preso come modello, penso che in futuro dovrà esserci un mio ritorno.
Scenderai in politica?
No, sono molto lontano da questo, non sono interessato. Il mio mondo è il calcio.
Pensi di essere in debito con la nazionale o che la nazionale sia in debito con te?
Assolutamente no. Ho preso la mia decisione in un momento preciso e lascio con la serenità di richiamare l’attenzione su quello che ho detto (Pizarro ha denunciato il poco coinvolgimento da parte dello spogliatoio, ndr) e di lasciare nella nostra bacheca due Coppa America.
Ti sei pentito di aver rinunciato per tanti anni alla nazionale?
Sono successe tante cose. Quelli che mi conoscono sanno che vedo il calcio in un certo modo. Vedo disciplina e sacrificio, professionalità, perché è qualcosa che ho imparato, sono stato in squadre che mi hanno insegnato a vincere o a essere in grado di farlo. E’ qualcosa che non passa mai.
Ti senti di essere stato superbo?
No, non lo sono stato. Sì, sono stato coerente con quello che pensavo. E questo mi ha caratterizzato per tutto questo tempo, soprattutto perché ho dei valori precisi per il calcio, che vanno al di là del risultato. Siamo persone.
Ti senti più riconosciuto in Italia che in Cile?
No. Ho tenuto un profilo così basso che non saprei dire se sono più riconosciuto da una parte piuttosto che dall’altra.
Chi vedi come prossimo David Pizarro?
Non lo so. Per ora, mi piacciono molto i gemelli Plaza che giocano nel Sub 17. Occhio a questi nomi.
Totti ti ha chiamato per chiederti consiglio mentre pensava al ritiro?
Sì, perché provava sentimenti contrastanti. Quando si è ritirato lui non avrebbe voluto farlo. Quindi la situazione era: ‘Io voglio ritirarmi’, ma questo si contrapponeva a quello che lui stava facendo in quel momento. Lui voleva continuare e io volevo smettere. Sono cose di cui si parla da compagni, poi alla fine prendi la decisione.
Ti hanno offerto di naturalizzarti italiano?
Ma avevo già giocato due partite, era impossibile. Mi hanno trattato molto bene e l’Italia è stata davvero molto importante per me. Sono stati tanti anni e non è stata una casualità.
Quali sono stati i tuoi anni migliori?
Gli anni con la Roma, per quello che hanno significato. La Champions League, lo lotta per lo scudetto contro una squadra così forte come l’Inter di Mourinho. Ma fisicamente e sul campo eravamo fortissimi. Anche all’Udinese, abbiamo portato la squadra in Champions dopo 90 anni. E questo la gente te lo riconosce. Così come so che qui all’Universidad mi saranno riconoscenti. Faccio parte della loro storia, sono sulla 18esima stella. Sarò eternamente grato per quanto ho vissuto.
Qual è il club che ti ha segnato di più?
Ad oggi, la mia seconda pelle è la Roma.
Il tecnico che ti ha influenzato di più in carriera?
Luciano Spalletti, che ora sta facendo molto bene all’Inter.
Il gol che ricordi di più?
Quello che ho segnato quando è nata mia figlia, con l’Udinese. Giocavo contro il Perugia.
Ti senti di aver lasciato dei debiti?
No, non credo.
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