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Prof. Angelo De Carli: “Per Wijnaldum con la terapia conservativa servono tre mesi, la biologia ha i propri tempi”

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AS ROMA NEWS PROF. DE CARLI WIJNALDUM – Il prof. Angelo De Carli, ortopedico della Nazionale Italiana Under 21 e specialista in Ortopedia, Traumatologia e Medicina dello Sport, è intervenuto ai microfoni di Centro Suono Sport durante la trasmissione “Borderò” per parlare dell’infortunio del centrocampista della Roma Georginio Wijnaldum. Queste le sue parole: 

L’intervento al centrocampista giallorosso sarà necessario?
«Le mie informazioni sono più da tifoso che da conoscitore fine del problema che ha. Ci sono delle considerazioni da fare, la tibia è un osso importante che dà carica alla gamba. Quello che può creare opinioni contrastanti è la traumatologia dello sport, in cui ci sono trattamenti differenti. Io sono convinto che se siamo di fronte ad una frattura composta la soluzione migliore sia la terapia conservativa, per una frattura scomposta, invece, l’intervento. L’atleta è sottoposto a pressioni disumane, ma la natura e la biologia hanno i propri tempi. Servono tre mesi per avere un margine di sicurezza e non avere problemi, non esiste qualcosa che possa accelerare di molto questo tipo di frattura. Nel momento in cui il giocatore mette un gesso o un tutore che possa permettere il carico, lui dopo un po’ di tempo non ha più dolori ma così viene sottoposto a stimoli che, in caso errati o eccessivi, possono creare recidive o ulteriori fratture. Mettendo un chiodo o una placca si fisserebbe la frattura ed il giocatore potrebbe allenarsi, i tempi di recupero comunque sono quelli».

Quali potrebbero essere le problematiche in caso di trattamento conservativo?
«Sicuramente le problematiche legate al ritorno allo sport sono anche legate ai periodi del rientro. Nella prima fase l’atleta deve fare fisioterapia per cercare di contenere i danni del riposo ed accelerare i progressi, sia stimolando le altre parti del corpo come le braccia sia andando o in piscina o in cyclette magari solo usando la gamba non infortunata, senza però il permesso di correre. Poi si tratta di riprendere la deambulazione sempre con cautela ed in modo tutelato, cercando di stimolare i muscoli. Qui c’è la differenza tra operare o meno: nel primo caso è come ci fosse del cemento armato che blocca l’osso, non operando invece vanno rispettati in modo stretto i tempi e vi deve essere un rapporto stretto tra calciatore e staff che lo segue. Questo è il problema del ritorno allo sport, tra correre e fare un allenamento con contrasti di un’intensità lesiva incredibile tanto ne passa, si rischia di creare problemi».

Il coinvolgimento dello staff della Roma, del PSG e della nazionale olandese potrebbe complicare la decisione?
«Questo coinvolgimento degli staff di tutte le squadre è una sorta di consenso che di base fa del bene al giocatore, si evitano voci esterne non autorizzate o non competenti. Questo complica un pochino la gestione, ma fa evitare di uscire dal seminato in quanto oggi il giocatore è considerato anche un bene economico».

C’è il rischio di non rivedere più lo stesso Wijnaldum?
«La frattura di una tibia è un evento drammatico, più da tifoso che da medico spero non ci siano la scomposizione o fasi che sarebbero deleterie per l’atleta, in modo da diminuirne l’impatto psicologico. L’augurio che mi faccio è che siano tutti bravi a rispettare l’atleta e la biologia. Rispetto ad un trauma articolare però, in cui ci sono molti più meccanismi coinvolti, la gamba è sì drammatica ed importante ma mancano componenti che riescano a segnare l’infortunio dell’atleta. Anche solo nella stessa tibia una frattura della parte mediana o finale ha tempi diversi e l’intera situazione sarebbe diversa, ma sicuramente non vanno ne vanno diminuite le complicanze psicologiche. Il mio suggerimento per tutti coloro che giocano a calcio è utilizzare parastinchi di carbonio, io da pauroso non calciatore li indosserei sempre».

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FOTO: Credits by Shutterstock.com

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