AS ROMA NEWS FEMMINILE GIACINTI – Innamorata della Roma e di Roma, sorridente e concreta. Valentina Giacinti in meno di due anni è diventata volto e certezza della squadra femminile giallorossa e incarna la capacità di investimento della società. Appena arrivata ha vinto uno scudetto, ha riempito l’Olimpico e giocato al Camp Nou la Champions League; ora è in corsa per un altro titolo e per la Coppa Italia in una stagione che l’ha resa una bomber da 201 gol in serie A. Queste la sua intervista al Corriere della Sera:
Come ci si sente?
«È bello e normalissimo allo stesso tempo. Per me i numeri contano tanto e aver raggiunto questo traguardo è stato importante, anche se a un certo punto è diventato stressante perché non arrivava mai. Lo volevo da inizio stagione. Ma alla fine contava vincere ed ero contenta comunque. Senza il lavoro di squadra non conquisti i titoli, ormai lo so da un po’».
Che stagione è per lei?
«Molto positiva sotto più punti di vista. Abbiamo finito la regular season da prime ed era quello che volevamo. La società ci ha aiutato tanto e ci ha garantito una squadra ancora più competitiva. Il supporto non manca mai, Betty (Bavagnoli, ndc) è sempre presente. Qui credono tanto in noi e nel calcio femminile, la Roma punta in alto e anche io. Questo progetto mi ha convinto subito».
Come?
«Fin dalla prima chiacchierata. Sapevo che la Roma era da tempo interessata a me, ma non avevo mai pensato di andar via definitivamente dal Milan. Poi però quando è arrivato quel momento, dopo il prestito alla Fiorentina, la prima squadra a cui ho pensato è stata proprio la Roma. La sentivo già come casa e sapevo di poter portare io qualcosa di diverso qui».
E che realtà ha trovato?
«Un ambiente che mi ha aiutato a essere me stessa. C’era tanta voglia di vincere con il bel gioco ma lo scudetto finiva sempre altrove. Poi ho capito che ce l’avremmo fatta. Dall’estate dentro di me dicevo “Lo vinciamo”. Sentivo tanta forza da parte di tutti, ho trovato un tecnico che crede in noi e una mentalità forte e professionale».
Anche una certa sensibilità nei confronti del calcio femminile.
«Grazie a club e tifosi si sente davvero che a Roma c’è una sola squadra ed è la Roma e basta, non importa che sia femminile o maschile. È uguale».
Riconosce merito alla proprietà americana, lei che ha giocato anche negli Usa.
«Quella è stata un’esperienza breve ma importante. Sono tornata con la voglia di credere ancora di più in questo movimento».
Quindi l’ha caricata di ulteriori responsabilità.
«Ora che questo mondo si sta stravolgendo è normale sentire il peso di dover fare sempre qualcosa in più. Penso sia proprio nell’indole della donna: dimostrare per ottenere qualcosa».
Come sta il calcio femminile in Italia?
«Abbastanza bene ma manca la sponsorizzazione, il far sapere che c’è una partita di calcio femminile. Quando abbiamo giocato all’Olimpico è stato unico, la gente è venuta. Tanta. E si è appassionata ancora di più. Da lì per noi è cambiato tutto. Anche il fatto che una partita trasmessa in chiaro faccia ottimi ascolti dimostra che l’interesse c’è. È questione di conoscenza e di guardare prima di giudicare».
Spesso però questo non avviene.
«No ma ritengo che il problema siano anche i social, sono una distruzione. Penso al caso più recente della guardalinee spagnola: abbiamo letto commenti assurdi. Vorrei dei social in cui le persone possano comparire solo con la loro identità, perché commenti sessisti e omofobi vanno denunciati e puniti».
Social: responsabilità ma anche popolarità. Lei come la gestisce?
«All’inizio è stato difficile, avevo quasi timore ad andare in giro, sono molto riservata. Ora la vivo in modo sereno, anzi se con il mio nome riesco a fare qualcosa in più per una causa è solo che buono».
Ha mai pensato alla sua vita senza il calcio?
«Sì, tanto, ma non riesco a immaginarla. Quando andavo male a scuola mi giustificavo con i professori dicendo che ero agli allenamenti. E loro: “Ma dove vai? Guarda che il calcio dopo un po’ finisce”. Io gli rispondevo “Sbaglierò, ma mi butto comunque”. A distanza di anni, dopo il Mondiale del 2019, mi hanno scritto quei professori ed erano euforici. Quell’evento è stata una svolta. Quando siamo tornate a casa le persone ci fermavano per strada, andavo al mare e dopo un sonnellino trovavo la coda di gente che voleva farsi una foto con me. Ho ripensato a quello che mi dicevano a scuola… Vedete che alla fine avevo ragione io! Ho seguito sempre il mio istinto, esattamente come in campo, e ho scelto il calcio».
Ha festeggiato 30 anni due mesi fa, tenendo conto che è in corsa per campionato e Coppa, c’è un regalo che si vuole fare entro fine stagione?
«Facciamo anche un paio. Ma non li dico per scaramanzia».
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