Annullamento d’ufficio della delibera del Consiglio comunale che ha dichiarato di pubblico interesse il progetto di realizzazione del nuovo stadio di Roma. È quanto prevede il parere pro veritate chiesto dai 5 Stelle laziali e redatto dal Presidente onorario aggiunto della Cassazione, Ferdinando Imposimato secondo il quale l’interesse pubblico previsto dalla legge sugli Stadi (147/2013) non sussiste. Non solo: la delibera conterrebbe profili di incostituzionalità. Nel parere si indica la via dell’annullamento in sede di Conferenza di servizi Regionale, la vera sede »decisoria« del progetto. Successivamente anche l’Assemblea comunale dovrebbe annullare »in autotutela« la dichiarazione di interesse pubblico in base alle norme che prevedono l’annullamento d’ufficio di provvedimenti illegittimi. La mancanza dei requisiti di interesse pubblico deriverebbe dall’eccessiva estensione del piano che risulterebbe non solo priva di miglioramenti ma provocherebbe »peggioramenti« all’opera. Non ultimi quelli derivanti da rischi idrogeologici.
La delibera violerebbe inoltre gli articoli 9 e 41 della Costituzione sulla tutela dell’ambiente e sull’utilità sociale. Nel parere Imposimato evidenzia l’insussistenza del pericolo di una richiesta di risarcimento danni per l’arresto del progetto: «se danno esisterà esso potrebbe essere conseguenza non dell’annullamento della deliberazione del Comune di Roma con cui veniva dichiarato il pubblico interesse, ma della costruzione delle 3 torri e delle altre opere progettate». E ciò, nella sostanza, sia in termini di viabilità del traffico, sia per l’estensione della cubatura edificabile, sia per il rischio idrogeologico, già segnalato dal sottosegretario all’Ambiente Silvia Velo nel 2015 in base alle informazioni dell’Autorità del bacino Tevere. Si tratta infatti di rischi connessi alla possibile esondazione del fosso del Vallerano. Si aggiungano, ricorda nel lungo parere Imposimato, il giudizio contrario della Soprintendenza, la procedura dubbia seguita per approvare il progetto di stadio e le varianti (il regime delle deroghe al Piano regolatore generale dovrebbe avere la caratteristica dell’ eccezionalità), gli «inesistenti» miglioramenti pubblici all’aerea Tor di Valle, la sproporzione tra l’area destinata allo stadio (49 mila mq) rispetto a quella del cosiddetto Business Park (336 mila mq), la mancata valutazione delle alternative come il recupero di impianti esistenti. Ci sarebbe poi la violazione dell’articolo 41 della Costituzione («l’iniziativa privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale») e dell’articolo 9 che protegge il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della Nazione. Si tratta, ricorda Imposimato «di norme precettive che devono essere osservate dal legislatore e dall’amministrazione pubblica». Insomma, per il giudice, si ravvisano «violazioni dell’interesse collettivo, dei profili di utilità e sicurezza sociale nonché della tutela paesaggistico- ambientale».
(ANSA)
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