“Siamo tra una riunione e l’altra e sono sempre più spesso e più lunghe, visto che sono da casa. Non so chi mi critichi e chi mi dia schiaffi, ma la situazione è seria e ancora imprevedibile. Difficile prevedere quando finirà, ma da alcune settimane abbiamo delle certezze, ovvero quella che bisogna stare a casa, che non si può giocare a calcio e che non ci si può allenare”.
Così Damiano Tommasi, presidente dell’AIC, è tornato sulla situazione del calcio italiano e sui temi caldi. Il focus resta quello sulla ripresa dei campionati: “Non si può tornare all’attività calcistica normale, anche perché in questo momento l’emergenza, oltre che la Lombardia, riguarda l’intero paese. Noi che ci occupiamo di calcio dobbiamo andare avanti e capire settimanalmente cosa si può fare e quali siano le posizioni. Oggi l’agenda non la dettiamo noi, né la Fifa, né la Uefa, ma la comunità scientifica, in base ai dati che arrivano quotidianamente da tutti i paesi. Ricordiamo che questa è una pandemia, non è un tema che riguarda Bergamo o l’Italia”.
RIPRESA – Il numero dell’Associazione Italiana Calciatori, intervenuto a ‘Radio Marte’, continua: “Il problema è che ci si illude che il parere della maggioranza possa determinare le scelte. Conta quello che dice la comunità scientifica in base ai dati e alle misure che si devono contrapporre a essi. Inoltre sarà importante che la ripresa delle attività sia graduale e progressiva. Sul tema della salute dei ragazzi bisogna vedere se chi è stato contagiato ha qualche “cicatrice” o addirittura danni permanenti che possano comprometterne l’idoneità fisica per l’attività agonistica. E’ un tema da tenere sotto controllo, vedremo anche il protocollo che verrà formulato. Dovremo controllare non solo i calciatori, ma tutti quelli che lavorano intorno. Anche per quanto riguarda i mezzi di trasporto, per esempio. Su questo ci stiamo lavorando, perché la sicurezza viene al primo posto. Non vediamo l’ora di metterci a lavoro e tornare a giocare. E’ fuorviante discutere di quanti club vogliano ripartire o meno, lo stesso per le Leghe, ripeto, non c’è un discorso di maggioranza”.
TAGLIO STIPENDI – “Con la Lega finora abbiamo avuto più discussioni attraverso i giornali che tra di noi, l’esito dell’assemblea ci darà un suggerimento su come andare avanti. Bisogna sottolineare i casi specifici, perché ad esempio chi è in scadenza non può avere lo stesso trattamento di chi ha un contratto di cinque anni. Le situazioni individuali le devono sbrigare i club con i giocatori. Il nostro obiettivo è che società e calciatori trovino l’accordo, vogliamo aiutare le parti a essere in sintonia, non alimentari contrasti. Qualsiasi discorso di riduzione, spostamento o sospensione degli stipendi dipenderà anche dall’eventuale ripresa della stagione in corso. I calciatori sono disponibili a fare la loro parte, ma se dall’altra parte non c’è qualcuno disposto a fare la propria vuol dire che stiamo sbagliando qualcosa. Bisogna capire che tutti in questa fase dovranno perdere qualcosa. Quando si parla di stipendi bisogna fare la differenziazione tra le categorie, ci sono quelle non professionistiche ma in cui di fatto ci sono calciatori che giocano a calcio come prima attività. Bisogna trovare il modo di tutelare al 100% queste fasce di reddito. Il problema vero della Lega Pro è che non si può pensare di tagliare stipendi a cuor leggero, perché lì sono necessari per la sussistenza”.
BELGIO – “Quella del Belgio per ora non è una decisione, ma una proposta, vedremo se si farà. In Olanda invece si vuole riprendere, ma poi hanno gli allenamenti sospesi fino a giugno. Il mio timore è quello di non riuscire in una ripresa graduale in Italia, perché se appena appena si aprono le porte non seguiamo più le direttive della comunità scientifica si rischia di tornare al punto di partenza. La ripresa della stagione dipende dalla condizione del paese e non del referendum di favorevoli e contrari”.
FOTO: Credits by Shutterstock.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA