Rudi Voeller

AS ROMA NEWS BAYER LEVERKUSEN VOELLER – Rudi Voller, ex giocatore e allenatore sia della Roma che del Bayer Leverkusen, ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport parlando della semifinale di domani. Queste le sue dichiarazioni:

Schick alla Roma non ha lasciato un grande ricordo.
«Con noi l’anno scorso ha segnato 24 gol in Bundesliga, due in più di Haaland. Parliamo spesso in italiano della sua avventura romana: secondo me non ha funzionato perché non ha quasi mai giocato nel suo ruolo. Lui è una prima punta e basta».

Come giudica il momento delle due squadre?
«La Roma può ancora entrare in Champions attraverso il campionato, il Bayer no. Questo è un vantaggio per noi, che possiamo concentrarci solo su questa semifinale. Ma il vantaggio maggiore è un altro».

Quale?
«Il nostro campionato è a 18 squadre, il vostro a 20. C’è una grande differenza a questo punto della stagione. Si arriva allo sprint con quattro partite in meno nelle gambe. Penso alla scorsa settimana: la Roma ha giocato a Monza e poi sabato con l’Inter, noi solo il derby con il Colonia che peraltro ha interrotto la nostra imbattibilità».

Lei della Roma cosa teme?
«Se giocherà, chiaramente Dybala sarà l’avversario più pericoloso. Ma la squadra ha un’ottima qualità media».

Cosa pensa di Mourinho?
«In assoluto è uno di quegli allenatori che hanno fatto la storia del calcio. Ma quello che ha costruito a Roma è davvero particolare: ha creato con l’ambiente un legame fortissimo. Riempire l’Olimpico in tutte le partite non è una cosa banale. E io lo so bene quanto pesi il tifo romanista. Spero di riprodurre il modello all’Europeo 2024, che stiamo organizzando in Germania: non saremo la nazionale più forte ma con l’aiuto del pubblico possiamo accorciare le distanze. Ne abbiamo bisogno dopo l’eliminazione dolorosa dell’ultimo Mondiale».

Perché è così amato a Roma, anche 31 anni dopo la sua ultima partita da calciatore?
«Sai che non lo so… Io posso dire di aver amato e di amare ancora molto Roma e la Roma. E’ sempre un piacere tornare. Se ci battono in semifinale, chiaramente tiferò per loro a Budapest».

Eppure la sua esperienza da allenatore è stata quasi drammatica, nel 2004.
«lo sono uno che non è capace di dire di no quando il cuore chiama. E’ successa la stessa cosa adesso con la nazionale tedesca. Mi sono preso una bella responsabilità ma dopo essere stato giocatore e ct, potevo rifiutare una proposta nel momento di difficoltà? Così è stato anche con la Roma: mi telefonarono il mio amico Bruno Conti e Totti, c’era bisogno di un aiuto dopo l’addio di Prandelli. Accettai».

Perché andarsene dopo quattro partite allora?
«Perché mi resi conto velocemente di non essere la persona giusta. In quel momento la Roma aveva bisogno di un allenatore italiano, che conoscesse bene gli avversari. Era giusto così».



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