Negli anni mi sono accorto che il pensiero che ho sulla Roma non corrisponde alla minoranza rumorosa delle persone che popolano i Social. Ad esempio, si festeggiano i secondi posti a distanze siderali dalla Juventus, oppure si inneggia ad un direttore sportivo che ha fatto bene a Siviglia ma a Roma ha tutto da dimostrare. Io, ad esempio, nemmeno mi ricordo chi fosse il ds giallorosso quando nel 2001 abbiamo vinto lo scudetto. Forse, non facendo questo lavoro e, soprattutto, non abitando a Roma, non mi sono mai interessato. A dimostrazione che gli scudetti e i trofei si vincono comprando i giocatori forti. Non tutti campioni, per carità, ma un mix di ottimi giocatori e due-tre campioni nei ruoli chiave.
Invece percepisco, nei Social, che diventa famosa una pagina “Sabatini acquista cose”, che farà anche ridere, ma mai mi sarei sognato che si dedicasse una pagina ad un diesse invece che ad un calciatore forte. Forse perchè calciatori forti, quelli che ti fanno vincere i trofei, Totti a parte, che è un fuoriclasse, non ne abbiamo in rosa. Sono i tempi che cambiano. Ma poi, parlando con gli amici romanisti che ho qui, sempre lontano da Roma, capisco che il mondo reale è un’altra cosa e che i giudizi spesso sono giusti ed equilibrati. Ma soprattutto semplici: se hai giocatori forti si vince, se hai una rosa limitata con dei buoni/ottimi giocatori, arrivi sempre dietro.
Poi, guardando Pescara-Roma ieri sera, ho avuto la certezza che non ero solo. Vi spiego. Guardavo la partita con mia moglie, che non è tifosa della Roma, e ad un certo punto ho visto Dzeko sostituito senza motivo. Ho pensato subito: “Forse hanno sbagliato ad inserire il numero nel tabellone luminoso?”. Invece era tutto vero. Il giocatore che sta concorrendo per vincere la classifica dei cannonieri, contro il Pescara, viene sostituito. Come se non bastasse Dzeko, da sempre corretto e che non ha fatto mai una polemica, ha mandato reiteratamente a quel paese Spalletti. Mi sono alzato in piedi, quasi in estasi, e mi sono sentito vicinissimo a Dzeko, quasi come si mi fossi teletrasportato a Pescara. Io avrei avuto la stessa sua reazione. I buoni, anche quelli più pacati, se li pungoli e li ferisci, alla fine reagiscono. E’ una forma di difesa. Dzeko sapeva di aver subito un torto. Io, da romanista, sapevo che Spalletti stava sbagliando.
E’ questo il punto. Spalletti pensa di non sbagliare mai. E’ presuntuoso, pretestuoso, arrogante. Un classico fiorentino. Un Renzi 2.0 del pallone. Non ha tatto, non ha psicologia, pur atteggiandosi da saggio psicologo. La scusa “Mi serve fresco per le prossime tre partite” non regge. La Roma stava vincendo 4-0, la partita era strachiusa. Spalletti, che predica i giusti comportamenti, ha peccato nel comportamento che un allenatore di buon senso deve avere. Panucci, nel post partita, mi ha tolto le parole di bocca. Se avessi avuto davanti il toscano, gli avrei detto le stesse cose. Ho pensato tra me e me: non solo solo in questo mondo, forse qualche romanista nel mondo reale e non virtuale la pensa ancora come me. Magra consolazione. Poi, poco fa, leggo su internet che Spalletti incontra Corvino. Si affrettano a dire che l’incontro è stato casuale. Ne prendiamo atto, anche se ci credo poco. Come credo poco all’infortunio all’unghia di Totti prima di Pescara. Spero che questo campionato finisca presto: prendiamoci questi 8 punti in 5 partite e andiamo in Champions. Per qualcuno sarebbe uno scudetto. Per me l’ennesimo anno fallimentare.
P. S. “Nati il 7 giugno” non ha scritto questa mattina. Il fuso orario non gli ha permesso di far arrivare in tempo l’articolo alla redazione de “Il Tempo”. Sono curioso di leggerlo domani. Perchè domani scriverà. E so già su cosa e su chi…
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