A ciascuno il suo libro: la lettura giusta può aiutare ad affrontare i problemi più nascosti. Lo dicono da tempo, sul serio o scherzando, diversi fautori della “biblioterapia”. E adesso lo racconta, in un romanzo scorrevole e avvincente, Michael Uras, bibliofilo e scrittore francese di origine sarda.
“Le parole degli altri” (traduzione di Francesco Graziosi, edizioni Nord) è la storia di un biblioterapeuta e dei suoi pazienti, che cerca di curare con letture mirate, da “Il giovane Holden” ad “Aspettando Godot”, dal “Diario di un seduttore” ai “Saggi” di Montaigne. Uno dei pazienti è un famoso calciatore, in crisi nonostante i continui successi, i gol segnati, i milioni guadagnati, il sostegno dei tifosi. Con un ritratto così, fin dal primo sms sgrammaticato al lettore italiano viene in mente Francesco Totti. Calciatore simbolo del campionato italiano, che a fine stagione dovrà affrontare un momento evitato da anni: il ritiro dalle gare.
Al suo paziente, il biblioterapeuta consiglia l’Odissea, perché «lo sportivo è la forma moderna dell’eroe antico. Quello che compie le imprese di cui il popolo sogna». Sì, ma quando il tempo delle imprese in prima persona finisce, quale lettura potrà aiutare il povero ex calciatore? Proviamo a seguire il modello del romanzo: a partire dalla scheda del paziente. E lanciamo una sfida ai lettori: a chi consigliereste una biblioterapia? Con quale libro? E perché?
Nome del paziente: Francesco Totti, detto “er pupone”
Situazione: Dopo 25 anni nella Roma è arrivata l’ora di andare in pensione. Un momento che sta rimandando da anni, malgrado gli acciacchi sempre più frequenti. Per lui che non ha mai cambiato squadra, e che da quasi vent’anni ne è il capitano, l’addio è particolarmente pesante. Senza contare che a casa lo aspettano tre bambini e una moglie che – scherzando, ma mica tanto… – ha già detto: «Finora il nostro matrimonio ha funzionato: certo, lui non c’era mai…»
Ipotesi di lavoro: leggere per imparare ad apprezzare la bellezza delle diverse fasi della vita. Opera consigliata: “Siddharta” di Herman Hesse, nella traduzione di Massimo Mila (Adelphi). Per capire che la vita è un lungo fiume che scorre e non smette mai di avere senso, che donne e figli sono importanti anche se ogni tanto fanno soffrire, e che essere giovani è bello ma non esserlo più è tanto più riposante. Romanzo amatissimo dagli adolescenti, “Siddharta” dovrebbe essere alla portata del nostro, campione di uno sport in cui, come scrive Uras, la testa esiste «ma ha un ruolo ampiamente
(L’Espresso – A. Codacci-Pisanelli)
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