(La Repubblica – F. Bocca) La Roma sotto la curva e il Liverpool a Kiev. Niente bis dell’impresa col Barcellona, e un risultato invertito e vicino a quello dell’andata (4-2). Olimpico in festa, nonostante tutto: i gol di Dzeko e la doppietta di Nainggolan (più un autogol di Milner) non bastano ma la Roma esce dalla Champions con ben 6 vittorie, dopo aver eliminato Atletico Madrid, Chelsea e Barcellona e aver battuto anche il Liverpool che a Kiev se la vedrà col Real ( come nell’ 81, ultima finale persa dai blancos). Non poteva aspettarselo nessuno.
La squadra di Di Francesco ha fatto una bella partita ma non è mai riuscita a coltivare realmente la speranza di qualificazione, sospesa su un risultato compromettente. Ogni errore, ogni affondo del Liverpool, ogni scambio tra Salah, Firmino e Mané era un tuffo al cuore. Però l’aitante Kolarov, un grande terzino con troppi sogni da attaccante, stavolta non aveva lasciato metri e metri a Salah. E anzi lo aveva sormontato da dietro facendolo rovinare a terra, quasi a dirgli che la festa era finita e non gli avrebbe concesso tutto ciò che il formidabile egiziano si era preso all’andata. Un banalissimo passaggio sbagliato da Nainggolan a centrocampo veniva immediatamente rubato in scorribanda dai liverpooliani che in combinazione Firmino- Mané andavano in gol. Inutile fare ragionamenti sulla difesa a 3 (ad Anfield) o a 4 (all’Olimpico), alta (ad Anfield) o più bassa (all’Olimpico), il tema restava sempre quello, una Roma giunta ai confini delle sue possibilità e un Liverpool più libero, velenoso e talentuoso in attacco. Anche se stavolta con Salah all’asciutto. Il Liverpool in questa Champions fuori casa ha sempre fatto gol e il dato suonava angoscioso fin dall’inizio. Poteva bastare già lo 0-1 a mettere in ginocchio la Roma, se una facciata di Milner su rinvio di Lovren non avesse causato un goffo quanto utile autogol, ridando alla Roma la speranza.
È stato Wijnaldum a dare al Liverpool il gol della sicurezza. Chi marcava il centrocampista? Perché Dzeko spizza indietro di testa? Dietro ogni gol c’è un grande o piccolo errore e la Roma purtroppo non poteva permettersene nemmeno uno. Il pareggio di Dzeko arrivava su una qualificazione compromessa, ma non su una partita già finita. L’inserimento di Ünder dava alla Roma vivacità e occasioni, c’era anche un rigore per mani di Arnold su tiro di El Shaarawy ma l’arbitro non ci ravvisava niente di più che un angolo. E un altro su Dzeko atterrato da Karius, se non fosse stato ravvisato un fuorigioco inesistente. A caldo in campo la Roma non ha protestato più di tanto, quasi rassegnata: dopo la botta a rete Nainggolan se ne restava a testa china, e poi trasformava anche un rigore per mani di Klavan, facendo così scrivere sul tabellone il 4-2 finale. Ne sarebbe bastato un altro per i supplementari. A fine gara, Monchi ha preso posizione: « C’era un rigore clamoroso e l’espulsione. Io sono spagnolo e sono qui da un anno, ma è il momento per il calcio italiano di alzare la voce, è clamoroso quanto successo, non è normale. Complimenti al Liverpool, ma ad Anfield abbiamo preso il terzo gol in fuorigioco, qui ci è mancato il rigore. Non capisco perché non ci sia il Var, è fondamentale per evitare questi errori». I 62mila dell’Olimpico si sono goduti una serata di orgoglio, compresi i 5000 tifosi del Liverpool arrivati fin qui sotto scorta. Tutto sommato 34 anni fa, per la Roma, fu molto più doloroso, con la tortura dei rigori. Stavolta è stato un lungo, bello e commosso commiato.
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