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Rassegna stampa

Abraham e Vardy, tra coppa e Qatar: ecco perchè Leicester-Roma vale come un derby

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AS ROMA NEWS ABRAHAM VARDY – Nel mondo reale, quando un lupo incontra una volpe l’esito della sfida – se mai ci fosse – sarebbe segnato. Nell’universo del calcio, invece, può accadere che gli “animali da campo” sappiano ribaltare le gerarchie della natura. In questo senso, giovedì toccherà a Tammy Abraham e Jamie Vardy essere i simboli di due pianeti nello stesso tempo simili e distanti, scrive La Gazzetta dello Sport.

Leicester, con i suoi 354.000 abitanti, è grande come un quartiere di Roma e, se non fosse per il football, sarebbe meno conosciuta di tante zone della Città Eterna. Invece la favola di Ranieri – con il titolo vinto nel più importante campionato del mondo – ha portato la cenerentola a diventare principessa. Adesso, 6 anni dopo, le rughe si vedono tutte.

La squadra di Rodgers (tecnico delle giovanili nel Chelsea di Mourinho) è 73a nel ranking Uefa e 10a in Premier, a ben 38 punti dal Manchester City capolista, più o meno la distanza che c’è fra Spezia e Milan. I fatturati di Leicester e Roma, però, non sono così lontani: poco più di 250 milioni gli inglesi, non molto sotto i 200 milioni i giallorossi, anche se le perdite dei primi sono più contenute (circa 80 milioni contro 180). Per Abraham e Vardy, però, il derby passa anche per la nazionale, visto che vorrebbero partecipare al Mondiale in Qatar. Anche per questo la vetrina della Conference è importante.

Il giallorosso, comunque, è ottimista. «Siamo convinti di farcela – dice al sito Uefa –. Loro giocano un po’ come noi, sfruttando il contropiede. Hanno giocatori molto veloci, ma anche buoni centrocampisti. Dobbiamo prepararci con fiducia, perché se siamo in giornata possiamo battere chiunque. Si tratta solo di credere in noi stessi. Tornerò in Inghilterra e questa partita mi permetterà di dimostrare cosa ho imparato in Italia. Sono emozionato, credo che verrà a vedermi tutta la famiglia».

Mourinho è decisivo per la sua crescita. « L’ho sempre considerato una figura paterna e per lui posso lasciare un segno nel calcio italiano e farmi conoscere in tutto il mondo. Lui sa quando ci sono con la testa e quando dormo un po’. Sa guidare davvero la squadra e ispirarla a volere di più. Quando dobbiamo svegliarci, lui c’è. Un giocatore non potrebbe chiedere di meglio».

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Ora Tammy vuole il trono del gol in Conference. «Sono a pari merito con Dessers del Feyenoord (8 gol, ndr )? Pensavo di essere da solo… Per me essere capocannoniere è un onore, ma avrei dovuto segnare di più. Finora è stata una bella avventura. Prima di arrivare qui, ho parlato con Tomori e mi ha detto che i tifosi italiani sono molto calorosi, ma viverlo di persona è un’altra cosa. È una sensazione incredibile. Fin dal primo giorno mi sono innamorato di Roma, della squadra e dei tifosi. Mi hanno fatto sentire in famiglia. Spero di vincere la Conference per rinsaldare di più questo legame».

Un problema del genere, Vardy di sicuro non lo ha. L’attaccante è la stella del Leicester, come dimostra il suo stipendio da 9 milioni di euro. Jamie ha segnato 159 gol in 376 partite delle “Foxes”, vincendo anche la classifica dei cannonieri della Premier nel 2019-20. A 35 anni, però, le ruggini si vedono. In questa stagione è stato fermo spesso per problemi alla coscia e al ginocchio, che gli hanno fatto saltare 21 partite.

Dall’ultimo stop è rientrato sabato, giocando una manciata di anonimi minuti contro l’Aston Villa. In ogni caso, il mantra di Rodgers è solo uno: meglio averlo. Il motivo, forse, si può capire anche da due stralci di interviste di Haaland e Guardiola. La stella norvegese spiegava come, per crescere, abbia studiato «i movimenti di Vardy», mentre il tecnico rivelava come Fernan Torres sia lievitato «anche imitando Jamie».

Ma la vita per l’inglese non è stata una scala di cristallo. Nel 2016, infatti, il vicepresidente del Leicester, Srivaddhanaprabha, aveva rivelato: «Quando è arrivato da noi, nel 2012, non sapevamo che fare, veniva ad allenarsi, ma era sempre ubriaco. Gli chiesi se volesse finire subito la carriera, lui mi rispose che non sapeva cosa fare, che non aveva mai guadagnato tanti soldi. Gli ho detto che doveva riflettere e pensare a come ripagare la fiducia. Da quel momento smise di bere e cominciò ad allenarsi duramente. Adesso è un’altra persona». Un leader, che sa come l’unica strada per tornare in Europa è solo vincere la Conference. Per questo la sfida con Abraham sarà da non perdere.

FOTO: Credits by Shutterstock.com

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