Josè Mourinho

ULTIME NOTIZIE AS ROMA MOURINHO – Anni affollati, li avrebbe definiti Giorgio Gaber. 2004, 2008, 2021: la piccola storia del calcio, in fondo, è fatta di gente che segna e gente che corre. I primi possono cambiare, i secondi no: continuano a correre. Così siamo convinti che Costinha e Maicon, due giorni fa, avranno riconosciuto il “loro” José Mourinho in quel cinquantottenne un po’ appesantito che sgroppava felice sotto la curva Sud per abbracciare i suoi ragazzi, dopo quel gol di El Shaarawy utile a santificare la panchina numero mille della carriera, scrive La Gazzetta dello Sport.

I 41 e i 45 anni, per l’uomo di Setubal, sono passati da un pezzo – e infatti ieri ha twitatto con ironia «Vittoria e nessun infortunio muscolare!» – ma la rete del Faraone gli ha fatto rivivere le emozioni di Manchester e Siena. Due vittorie di tappa che poi valsero il successo finale col Porto (la prima Champions) e l’Inter (il primo scudetto).

Se questo sia una specie di segno del destino che adesso coinvolgerà la Roma, lo lasceremo affermare agli scaramantici. Non è un caso, però, che A Bola titoli: “Come i vecchi tempi” e il Mirror utilizzi un geniale: “The Special Run”. Centrato un nuovo traguardo (5 vittorie in 5 partite con un nuovo club), l’ammissione è stata una conseguenza: «Sono tornato bambino. Pinto dice che è stato il dio del calcio, che non poteva permettere che Mourinho non vincesse la partita numero mille. E forse aveva ragione. Non volevo trovarmi tra anni a ricordare questo giorno come una partita di merda».

Gli esegeti del pensiero del portoghese lo raccontano più quieto rispetto agli anni rampanti. Possibile. Le scuse a Dionisi del Sassuolo per la corsa alla Carletto Mazzone – che ieri lo ha santificato – e il basso profilo che mostra nelle conferenze sembrano rivelarlo, ma occhio alle sfumature. Quando domenica, parlando dei suoi terzini da panchina, ha citato Inter e Juve («l’Inter può sostituire Darmian con Dumfries, la Juve Danilo con De Ligt»), lo ha fatto per caricare di responsabilità le rivali, anche se ha più volte ammesso: «Provo ad accelerare i tempi per tornare a vincere».

In ogni caso Mourinho è ormai diventando il pifferaio magico di una città in amore, che solo fino a pochi mesi fa associava il suo nome a quello delle “ingiustizie” arbitrali nel testa a testa fra Roma e Inter del 2010, con Mou domenica che ricordava: «Eravamo noi la squadra più forte». Invece ora è lui l’idolo della tifoseria giallorossa, è lui quello che tutti credono faccia la differenza.

Ha saputo scegliere i giocatori giusti (Rui Patricio e Abraham su tutti), ha saputo rigenerare calciatori poco convincenti (da Karsdorp a Carles Perez), ha convinto stelle al gregariato (Zaniolo), ha riportato a scuola baby con le stimmate da fenomeno (Villar, Calafiori, Reynolds), ha scelto di sposare le rigide regole sugli esuberi (Fazio, Nzonzi e il suo ex pupillo Santon), ha optato per una linea di comando tutta italiana (Pellegrini capitano, con Mancini e Cristante vice), con un annuncio anticipato sul rinnovo di Lorenzo – tra oggi e domani l’appuntamento per il via libera fino al 2026 – che è parso una santificazione.

Nonostante i grandi investimenti messi in campo dalla famiglia Friedkin, per tutti, anche dentro Trigoria, questa è solo la Roma di Mourinho. Se i presidenti Viola e Sensi si sono ritagliati un ruolo epico negli scudetti firmati da Liedholm (con Falcao) e Capello (con Totti), la mediaticità giallorossa ora è cannibalizzata solo dallo Special One.

Non c’è presidente o giocatore che possa fargli minimamente ombra, anche se, con grande intelligenza, il portoghese riempie di lodi proprietà e calciatori. I calciatori lo seguono come uno sciamano, persino Tiago Pinto viene descritto come fedele seguace del culto di Mou. «È una bravissima persona, siamo felici averlo scelto», hanno detto i Friedkin dell’allenatore, complimentato per le mille panchine e per la vittoria. Il vero regalo, però, lo Special One lo aspetta a gennaio, cioè quello Zakaria del Borussia – in scadenza a giugno – che quadrerebbe il centrocampo. E con queste premesse, nella Roma chi oserà dirgli di no?



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