(Il Messaggero – L. Jattarelli) «Quanta pena stasera c’è sur fiume…». È stato e ha dato. Molto. Perché Lando Fiorini era un autentico core de Roma prima ancora che artista, cantante, attore, organizzatore e talent scout. Se n’è andato ieri sera a 79 anni dopo una lunga malattia nella sua casa che è sempre stata la casa di tutti, come il suo Puff fondato nel 68, una cantina in via dei Salumi («Era la vecchia bottega di un fabbro – raccontava -. De Sica ci girò una scena de La ciociara») oggi via Zanazzo, che ieri sera avrà avuto i battenti chiusi. Perché la voce di Roma, una grande voce di Roma, non c’è più. «È stato forse il più grande romano di tutti – ha commentato Enrico Vanzina – e anche un po’ sfortunato, rimasto un po’ in ombra negli stessi anni di Venditti e Montesano». E l’ha ricordato anche il romano eurodeputato Enrico Gasbarra: «Roma è orfana del suo re. Bisogna continuare a tenere vivo il suo Puff».
L’album di Leopoldo (questo il suo nome all’anagrafe) nato nel 38 da una famiglia romana nel cuore di Trastevere, ultimo di otto figli nell’Italia del dopoguerra, della ricostruzione, dilaniata dalla fame, è un volume infinito di ricordi e note, di foto di amici che l’hanno amato e di attori che sarebbero diventati famosi, da Montesano a Banfi, da Gullotta a Mattioli ma l’elenco sarebbe infinito.
È un puzzle di vita semplice, genuina che si incastra con tessere di successo e di fatica, di salite e ricadute sempre accompagnate dal cuore tenero e gioioso di un romano gentile e affabile, elegante. La sua Roma non l’hai mai tradita e ha continuato a cantarla fin alla fine, che fosse Capoccia che fosse Magica (Lando ha scritto uno degli inni della squadra giallorossa, Forza Roma Forza Lupi, che ancora risuona all’Olimpico) che fosse l’antica Roma papalina e quella umbertina del Tevere biondo di Ciumachella de Trastevere, di Bimbo Biondo, Barcarolo romano, Cento campane, Ponte Mollo, Nun je dà retta Roma. Lando era uno del popolo e la sua anima popolare l’ha sempre orgogliosamente ostentata; i difficili anni dell’infanzia quando, bambino, si allontanò dalla Capitale per essere accudito per due anni da una famiglia di Cavezzo, vicino Modena. Infine la morte della madre, quando aveva appena 14 anni.
IL RITORNO – Poi finalmente il ritorno nella sua Roma cercando di campare come poteva: fa il barbiere, il riparatore di biciclette, il facchino ai Mercati Generali sull’Ostiense dove inizia ad intonare stornelli e vecchie melodie romane con la sua voce unica, mordida, pastosa e quell’ugola tremante tipica della più nobile tradizione dei più grandi cantanti romani. Proprio ai Mercati, il suo amico del cuore Nino er Biondo e il cassiere di una ditta, Amedeo Silvestri, lo spingono a studiare canto. Perché Lando doveva crederci fino in fondo.
Nel 62 la grande svolta di Fiorini che entra dalla porta principale del teatro, in quel Sistina che è da sempre il tempio del musical. La prima edizione di Rugantino lo vede infatti nel ruolo del serenante che intona Ciumachella de Trastevere sul palco insieme con Nino Manfredi, Aldo Fabrizi, Lea Massari, Bice Valori e il giovanissimo Carlo Delle Piane che interpreta er Bojetto. Lando apparirà poi in tv con Dizionarietto musicale e Ciao Mamma e soprattutto alla radio per due anni con Arciroma fino ad arrivare ad un altro palco prestigioso, quello di Canzonissima e negli anni Settanta a registrare la sua prima serie tv in quattro puntate Ciao, torno subito con Toni Ucci e Ombretta De Carlo.
La canzone che lo renderà celebre sul piccolo schermo sarà però Cento campane, sigla de Il segno del comando, sceneggiato di Daniele D’Anza del 71 con Carla Gravina e Ugo Pagliai: «Sei na donna o na strega, chissà» cantava. E Roma ringraziava. Perché ogni passo canoro di Fiorini era e sarà un biglietto da visita della Città Eterna in ogni parte del mondo.
Nel 76 conduce in tv con Maria Rosaria Omaggio Er Lando Furioso mentre negli stessi anni viene scritturato da Macario e vola col grande interprete a Milano per registrare Macario più. Intanto continua il lavoro nel suo cabaret, il Puff, che non abbandonerà mai, facendosi affiancare negli ultimi anni da suo figlio Francesco (l’altra figlia è Carola, entrambi avuti con sua moglie Anna Ghezzi, oltre cinquant’anni di matrimonio): «Il mio Puff? Ha compiuto 46 anni – ricordava nel 2015 – e chi l’avrebbe mai detto! È stata un’impresa davvero dura visto che all’inizio nun c’avevo na lira e ho fatto un sacco di cambiali che oggi conservo con molta gelosia. Ora c’è mio figlio che ha grandi progetti per il cabaret». «Sospirò, poi me disse: addio coreio però nun me scordo de te!». Roma non potrà scordarsi di lui.
FOTO: Credits by Shutterstock.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA