La realtà, finora, ha sempre smentito le attese. Ogni volta che Pallotta è passato per Roma in molti s’aspettavano che risolvesse in prima persona i problemi, che parlasse forte e chiaro, intervenisse con l’autorità di un presidente tradizionale. Non è successo praticamente mai. Un po’ perché questa società non funziona così – i dirigenti italiani lavorano in autonomia e in aggiornamento continuo con Boston – un po’ perché Jim non ha il carattere di un De Laurentiis. Senza dire chi sia meglio, di sicuro i romanisti sono abituati a ragionare con la pancia piuttosto che con la logica del business all’americana e rimangono ogni volta spiazzati.
Prendiamo l’ultimo viaggio di marzo: Pallotta in una settimana di permanenza non ha parlato con Totti e si è limitato a una cena «di gruppo» a cui ha partecipato anche Spalletti, senza però prendere di petto la situazione del futuro. Stavolta no. Non potrà essere così. Pallotta torna nella Capitale per partecipare alla gara d’addio di Totti-calciatore contro il Genoa, che chiuderà anche il campionato della Roma. In quei giorni si dovrà per forza capire se e in che modo proseguirà la carriera del capitano a Trigoria, mentre Spalletti non può certo rinviare oltre la sua decisione sulla prossima stagione. Anche se, in realtà, sembra averla presa da mesi e lo porterà lontano da qui.
Pallotta, intanto, ha confermato lo sbarco nelle ore precedenti a Roma-Genoa, magari con la solita tappa intermedia a Londra, la base operativa del suo uomo di fiducia Franco Baldini. Aspettando di celebrare i 90 del club il 7 giugno, il presidente giallorosso non può certo perdersi un evento storico come l’ultima del capitano. La società sta preparando una festa in grande stile e spera di poter brindare quel giorno anche alla qualificazione diretta in Champions. I preparativi per il Totti-day sono in corso: uno spettacolo di coreografie, fuochi d’artificio, video e interviste di prestigio internazionale da offrire a un Olimpico tutto esaurito, oltre al materiale che verrà trasmesso attraverso i canali media ufficiali prima e dopo la gara. Si lavora, però, senza l’ok definitivo del festeggiato. E quindi con grande imbarazzo. Totti, infatti, non ha ancora sciolto le riserve. Sa che nella Roma non ha un futuro da calciatore, però preferisce tenere tutti in sospeso. L’umore è tendente al nero, c’è rimasto male per non essere entrato a San Siro e per aver giocato 2 minuti contro la Juve, si sente trattato senza rispetto da Spalletti e glielo si legge in faccia. Prima o poi dovrà parlare, i dirigenti lo pressano per organizzare una conferenza stampa, un annuncio, qualcosa. Perché non si può certo arrivare a Roma-Genoa con i dubbi irrisolti.
Pallotta gli ha garantito un contratto di 6 anni da dirigente e lo vuole coinvolgere nelle attività del club. Gradualmente. Totti, invece, chiede un ruolo subito operativo, da direttore tecnico. Baldissoni e Monchi stanno cercando una mediazione, in attesa che il presidente prenda da una parte Francesco e decida insieme a lui. Una volta per tutte. Spalletti, dal canto suo, ha già risposto picche più volte a Pallotta e ai dirigenti:non ha firmato il rinnovo e ha fatto capire in tutte le salse di non poterne più di allenare la Roma, ma una porticina, in fondo, c’è ancora. Chissà se Pallotta troverà la chiave giusta per aprirla. Tra promesse d’investimento, più facili con la Champions in tasca, e il chiarimento della querelle-Totti che disturba tanto Spalletti. Intanto Monchi sta parlando con i possibili sostituti – vorrebbe un allenatore italiano ma nessuno dei disponibili convince appieno – e aspetta il presidente per affondare il colpo. A Jim l’ultima parola. Anzi, la prima.
(Il Tempo – A. Austini)
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