Se l’Inter sabato sbancasse l’Olimpico, Walter Sabatini sarebbe scosso da un brivido. Comprensibile. Quella che avranno davanti i nerazzurri, infatti, è praticamente la «sua» Roma. Del presumibile undici titolare, infatti, solo due giocatori non hanno a che fare col suo mercato: De Rossi (in giallorosso prima del suo arrivo) e Defrel. Certo, ci sarebbe anche Kolarov, ma la sua «estraneità» è solo parziale, se si pensa che il d.s. – alla Lazio – lo acquistò nel 2007 dall’Ofk Belgrado per 800.000 euro per poi cederlo al ManCity nel 2010 per 18 milioni. Le plusvalenze sono state sempre il suo biglietto da visita anche alla Roma, dove ha messo a posto i conti alla proprietà Usa anche a costo di rinunciare ai gioielli. Pallotta, comunque, sarà stato soddisfatto per il fatto di aver preso un club patrimonializzato per 34 milioni lasciandolo a circa 200. Per questo Sabatini ha confessato: «Ho creduto che la Roma potesse essere la mia». Invece non lo era, e così il rapporto col vertice è entrato in crisi, sopratutto nel momento in cui il d.s. ha avuto la sensazione di essere stato commissariato. L’addio è stato freddo, e quando il presidente gli ha ricordato che, nel gennaio 2016, non voleva Spalletti in giallorosso, Sabatini ha risposto con durezza. «Auspico che la Roma possa ribadire classifica e introiti con i calciatori acquisiti dalla nuova gestione, permettendo a Pallotta di continuare ad inebriarsi dell’idea di se stesso e della sua presidenza».
(Gazzetta dello Sport)
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