Alisson Becker, portiere della Roma, ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport parlando della sfida contro il Liverpool che vale l’accesso alla finale di Kiev.
La storia è adesso, e si chiama Liverpool. Domanda semplice: come si ferma Salah?
È dura. Ha doti innate e ora ha una fiducia in se stesso incredibile, ma possiamo fermarlo giocando di squadra. Il Liverpool, d’altronde, ha qualità collettiva. Sono cattivi, furbi, veloci. Pensate a Firmino. È fenomenale. Non dà punti di riferimento e questo dà molto fastidio agli avversari. Perciò occorrerà un lavoro di squadra e non solo di difesa.
In questo momento Salah fa paura come Messi?
Messi è il calciatore più forte contro cui ho giocato, ma adesso Momo va temuto come l’argentino. Con la stagione che sta facendo può entrare in lizza per il Pallone d’oro, o almeno arrivare fra i primi tre, anche se i giochi si faranno dopo la fine della Champions e soprattutto dopo il Mondiale.
Che sensazioni ha provato quando era sotto 5-0?
Una delle peggiori della mia carriera. Avevo addosso un senso d’impotenza. Sono stato male due giorni. Per fortuna il calcio ti dà subito una chance e col Chievo è andata bene.
Che percentuale dà alla Roma di arrivare in finale?
Noi conosciamo la nostra vera forza, sappiamo che c’è il pubblico come dodicesimo giocatore, che in casa non abbiamo subito mai gol in Europa, che abbiamo battuto 3-0 il Chelsea e il Barcellona. E tutto questo ci dà fiducia. Abbiamo il 50% di possibilità di passare il turno.
Le devo chiedere la differenza che ha trovato tra Di Francesco e Spalletti.
Spalletti è bravissimo, però gli manca un po’ di gestione positiva nello spogliatoio. Per positiva intendo una gestione che faccia crescere la squadra. Guidare uno spogliatoio è difficile, ma a lui quella dote manca, mentre Di Francesco, che è cresciuto durante la stagione, invece ce l’ha.
Lei era arrivato a Roma per essere titolare? E se sì, quanto ha sofferto la panchina?
Sì, ero il portiere del Brasile e quindi pensavo di giocare subito, perciò ho sofferto. Speravo di avere più opportunità, invece ne ho avute meno di quelle che mi aspettassi. Il rapporto con Szczesny è stato positivo, siamo cresciuti tutti e due, ma un altro anno da riserva non lo avrei vissuto.
Dal Real Madrid allo stesso Liverpool, il suo nome è associato ai top club, ma adesso si dice che la Roma, grazie agli introiti arrivati dalla Champions, non abbia più bisogno di venderla. Ci sono almeno il 50% di possibilità che lei resti alla Roma?
Non so quello che succederà. Logico che l’interesse mi faccia piacere. Dico che non è solo una questione di avere bisogno. So il mio valore – non in soldi ma come calciatore –, so quello che porto alla squadra, ma penso solo al presente. Quello che succederà dopo, lo lasciamo per dopo. Io sono qui, e per fare bene le cose devo concentrarmi su questo. Anche quando ero all’Internacional, avevo trattative con la Roma, ma pensavo solo a fare bene. Ho giocato sei mesi col contratto già firmato con i giallorossi, eppure ho vinto lo stesso.
Se va a Kiev, che cosa è disposto a fare? Un tatuaggio, una notte alla Nainggolan?
No, niente di tutto questo. Ho già un discorso con Dio. Un sogno grandissimo da realizzare. Non lo sa nessuno. Diciamo solo che si tratta di beneficenza, ma la Parola spiega che non bisogna parlarne perché, se tu lo fai, la tua ricompensa sarà quella.
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