Alisson

(Gazzetta dello Sport – M. Cecchini) A pensarci bene, si potrebbe anche dire che il suo Mondiale comincia domani. Alisson Ramses Becker, che tra 13 giorni compirà 25 anni, ha capito essere semplicemente UN portiere della Roma forse poteva non bastare per avere la certezza di essere il numero uno titolare del Brasile a «Russia 2018». C’era bisogno di altro. Di presenze in campionato, certo, ma soprattutto di Champions Leaguee di quelle grandi sfide internazionali che solo questa manifestazione può assicurare. Per informazioni, chiedere all’Atletico Madrid, che domani sarà all’Olimpico per graffiare.

SUBITO O ADDIO – Per questo il portiere, a inizio stagione, ha chiesto certezze. «Non volevo lasciare la Roma – ha detto a «Folha» -, ma se non avessi avuto la certezza di giocare, avrei chiesto di partire, perché questo è l’anno più importante della mia carriera». La scorsa stagione vissuta alle spalle di Szczesny gli ha aperto le porte del calcio italiano, ora il numero uno della Seleçao si sta prendendo la scena anche in Italia. «Non avrei voluto lasciare la società giallorossa, ma avrei dovuto pensare a me e ai miei obiettivi. Adesso, invece, so che tutto dipende da me e dalle mie prestazioni, anche perché nessuno nel Brasile, nell’anno del Mondiale, ha il posto garantito».

LUI E SPALLETTI – Tutto vero, ma proprio per tale ragione l’esperienza vissuta con Luciano Spalletti gli è stata utile. «Giocavo poco per scelta del nostro ex allenatore – ha aggiunto -. Sono un ragazzo tranquillo e non mi piace parlare, non mi sentivo a mio agio ad andargli a dire delle cose perché lui aveva scelto di avere due portieri di alto livello e mi faceva giocare nelle Coppe. Ha usato la meritocrazia perché Szczesny aveva fatto bene il primo anno. Diciamo che ho imparato ad avere un po’ di pazienza». Una dote utile per crescere, anche perché il portiere sembra avere una incrollabile fiducia nelle proprie qualità. «Le persone impareranno a conoscere il mio lavoro, che ovviamente devo fare al meglio. Devo dire che però anche lo scorso anno, pur giocando poco, ho fatto delle buone prestazioni».

TECNICHE DIVERSE – In ogni caso, una cosa è certa: fra Europa e Sudamerical’interpretazioni del ruolo è sensibilmente diversa. «Fare il portiere in Italia è diverso – ha spiegato -. In Brasile si punta sulla forza e sull’esplosività, a Roma facciamo più tecnica e lavoro di posizione. Unire le due cose è il massimo». Ed è questo ciò che porterà in dote a giugno alla propria nazionale. Certo, soprattutto nelle vetrine internazionali sarà vietato sbagliare. Ma Alisson non ha paura e sfida già Griezmann, Correa e i loro fratelli «conchoneros». Archiviata l’Europa League dell’anno scorso, adesso arrivano le notti di Champions. E con tutto il rispetto, sembrano davvero un’altra cosa.



FOTO: Credits by Shutterstock.com

© RIPRODUZIONE RISERVATA

🚨SEGUICI IN DIRETTA🚨