«Mister Pallotta, I don’t like this project». Pausa a effetto. «I love it!». Al telefono con il presidente della As Roma, Virginia Raggi ha sfoderato il suo inglese fluente ed è diventata, per magia, la prima fan del mega impianto che la società giallorossa ha ottenuto, dopo lunga trattativa con la giunta Cinquestelle di Roma, di potere costruire a Tor di Valle dove un tempo c’era l’ippodromo. La vicenda si è chiusa l’altra sera a tarda notte, con Pallotta che ha chiamato in Campidoglio da Boston e ha chiesto alla sindaca se era contenta del nuovo progetto. «Non mi piace», ha risposto lei, e poi zitta, nell’imbarazzo generale. «Lo amo!». Tutti contenti dunque.
Il nuovo progetto piace eccome al Movimento visto che rispetto al precedente, pensato dalla giunta di Ignazio Marino nella prospettiva di una Roma molto più popolosa, la colata di cemento si riduce di parecchio. La delibera 132 di Marino prevedeva una spesa di 195 milioni di euro per finanziare le opere pubbliche attorno alla via del Mare-Ostiense, mentre ora si scende ai 92 della Raggi. Da un milione di metri cubi si scende della metà: 598 mila. Le tre torri disegnate dall’archistar Daniel Libeslkind spariscono e tutti i manufatti saranno bassi. L’arena rimane al centro e occupa il 18 per cento del totale dell’opera che da 1,6 miliardi di costo totale scende a 700 milioni. Tutte le strutture saranno alimentate in gran parte con fonti di energia rinnovabili.
La sindaca è riuscita a portare a casa un risultato che ricompatta i grillini: perfino la «nemica» Roberta Lombardi ha dovuto farle i complimenti (molo determinante del suo fedelissimo Marcello De Vito e del capogruppo Paolo Ferrara), e di certo i consiglieri comunali più critici non si esprimeranno in dissenso rispetto alla maggioranza. Beppe Grillo, del resto, è stato a Roma per dettare la linea e ha fatto seguire tutto l’iter della discussione all’avvocato genovese Luca Lanzalone, che ha trattato gli aspetti legali e ha verificato che non ci fosse alcun rischio penale per il Comune.
La posa della prima pietra potrebbe arrivare quest’anno con l’opera completata nel giro di tre anni. «Abbiamo fatto un lavoro egregio», ha dichiarato Mauro Baldissoni, Dg della Roma, «nella migliore delle potremmo aprire tra il 2019 e 2020″. La conferenza dei servizi è già fissata per il 3 marzo e in quella sede i proponenti chiederanno una proroga di 30 giorni. Intanto già da domani gli uffici capitolini predisporranno tutto per la nuova delibera che di fatto sostituirà la 132, ovvero quella dell’amministrazione Marino. L’atto andrà in giunta e poi in consiglio (ma esiste la possibilità che vada direttamente in Aula) dove M5S non avrà problemi ad ottenere l’ok dopo la svolta ecosostenibile sullo stadio. La nuova conferenza dei servizi, concessa la proroga, si riunirà il 3 aprile e a quel tavolo il Campidoglio porterà la nuova delibera, che di fatto assorbe la variante di Piano regolatore che in quell’area prevede solo 350 metri cubi a fronte dei 500 concordati. La Regione Lazio, che ancora non conosce i dettagli definitivi del nuovo impianto, ha già detto che vuole vigilare sulle opere e prenderà visione del progetto e, per la parte di sua competenza, esprimerà un parere positivo o negativo. Sempre in quella sede il rappresentante del governo potrà pronunciarsi sul vincolo posto dalla Soprintendenza a Tor di Valle, che pende ancora sull’intera area, e potrebbe revocarlo. L’iter del vincolo infatti sta facendo il suo corso parallelo: scattato il 15 febbraio prevede 80 giorni affinché i proponenti facciano le loro osservazioni (ovvero entro il 26 aprile) e altri 40 giorni per le controdeduzioni della soprintendenza. Deadline perché il vincolo diventi effettivo è il 6 giugno, fatto salvo che il governo in conferenza dei servizi ha il potere di revocarlo.
Intanto scoppia la grana sullo stadio della Lazio. Claudio Lotito, patron dei biancocelesti, rivendica un impianto anche per la sua squadra e si appella a Virginia Raggi.
(Libero – B. Bolloli)
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