(La Repubblica – E. Sisti) E poi che non si vada in giro dicendo che lui non l’aveva detto: «Sono d’accordo con Allegri, vince chi difende meglio». Nella sua composta vitalità post-zemaniana, Di Francesco ripercorre in pochi secondi la storia del calcio, leggendo la quale si impara a distinguere nitidamente la gioia spettacolare e naif dell’entusiasta prolifero ma spesso perdente dall’aggressiva e concreta parsimonia del cultore degli equilibri, magari non sempre bello ma spesso vincente (e senza ricorrere al catenaccio). Mentre riflette su come arginare il “logos” della capolista, il tecnico giallorosso scopre che alla fine il segreto è sempre quello, non è detto che ogni volta funzioni ma quello è: «Il mio modo di attaccare? Guardate prima come ci difendiamo», diceva Pep Guardiola. E così il primo difensore al City diventa oggi David Silva, se non addirittura Gabriel Jesus. Klopp ha insegnato a Coutinho e a Mané i movimenti diagonali a ritroso e senza palla. Per scongiurare la fluida aggressività palla a terra di Sarri, Di Francesco sa che non può starsene lì ad aspettare che il Napoli provveda ai rifornimenti per le sue frecce alate, sia dal basso che dall’alto: deve fermarlo prima con i suoi David Silva, ossia con Nainggolan, Dzeko, Florenzi e Perotti. E tutto deve succedere in trenta metri. La Roma schiacciata all’indietro cede, la sua ossatura centrale non tiene botta, è lenta. Quindi bisogna alzare la squadra sin dal primo minuto, rischiare è l’unico verbo che può rappresentare un’alternativa all’altro verbo, assai meno piacevole: subire. «E non parlatemi di scudetto adesso, almeno aspettiamo le undici di stasera», brontola DiFra. Le lodi escono per ammirazione, forse con una minima percentuale di paura dell’imprevedibilità di Callejone del rendimento di Mertens, il meno nueve fra i nueve: «Il Napoli è più bello della Juventus». Più o meno bello, più o meno esperto di vette, sta lassù davanti i bianconeri con le caselle delle sconfitte e dei pareggi che languono, perché siamo ancora a zero. Dall’altra parte, come spesso fa, Sarri non parla, preferisce evitare che le parole, quali che siano, intorbidino la vigilia dei suoi: meglio raccontarsi le cose in privato e replicare il serial della qualità. Di Francesco non cambierà modulo e come quasi sempre ha i giocatori contati (la rosa è contata?). Ma è probabile che vedremo una Roma che andrà a prenderli alti, i ragazzi di Sarri che sposano estetica e risultati: il colpo difensivo alto che riesce fai prima a trasformarlo in colpo offensivo. Per fermare quelli della banda di Dries si può fare una cosa sola: inoculare il siero del dubbio che nemmeno i loro piedi stupendi, nemmeno loro che sono capaci di passarsi il pallone a grandi velocità, perché chi serve sa che chi riceve controllerà comunque il pallone (anche questo proviene da Guardiola), possono stare tranquilli se c’è qualcuno che morde al minimo fruscio del pallone sull’erba. Ma il punto è: chi durerà di più nell’applicazione, fra gambe e cuore?
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