Alberto Aquilani, doppio ex di Roma e Liverpool, ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport parlando della sfida tra i Reds ed i giallorossi in programma domani.
Aquilani, le scorrerà davanti agli occhi una fetta di vita.
«Anche di più. Pensi, che io sono nato il 7 luglio 1984, cioè due mesi dopo quella maledetta finale di Coppa dei Campioni persa ai rigori all’Olimpico. E l’ho sentita raccontare così tante volte che ormai mi sembra di essere nato proprio quel giorno».
Nel 2009 lei fu al centro di un trasferimento per l’epoca clamoroso, passando ai «reds» per 25 milioni. Domani è il suo derby?
«Macché, lei lo sa che tifo Roma. Però occhio: Klopp è bravo a curare anche la fase difensiva, anche se la vera forza è l’attacco: sono potenti e veloci. Detto questo, secondo me la Roma ha pescato bene: con Real Madrid e Bayern Monaco sarebbe stata peggio. Questo è un treno che i giallorossi non si possono lasciare scappare; non bisogna sbagliare niente. Come organizzazione la squadra di Di Francesco è superiore. Il mister io lo conosco perché l’ho avuto al Sassuolo: prepara le partite in modo maniacale. Con quel nuovo modulo contro il Barcellona mi ha sorpreso, in passato faceva più fatica a cambiare. Ma vedrete che quando rimetterà le cose a posto tornerà al 4-3-3, anche se col Barcellona è stato fatto qualcosa di straordinario. I catalani sono una squadra formidabile e Messi fa un altro sport rispetto a tutti gli altri calciatori».
Che ricordo ha della sua esperienza al Liverpool?
«Molto bella. Avevo 24 anni e arrivai con un infortunio alla caviglia che mi tenne fermo una dozzina di settimane, ma ricordo che Benitez mi protesse sempre e alla fine fu una buona stagione. Peccato per l’eliminazione in semifinale di Europa League contro l’Atletico Madrid. Io feci pure gol, ma loro segnarono negli ultimi minuti e ci strapparono un sogno. Col senno di poi, ho il rimpianto di aver voluto andare via. Vero che non c’erano più Benitez e il d.s. Macia, ma avrei fatto meglio a restare ancora».
Invece rimpianti romanisti?
«Solo i troppi infortuni. Certo, avevo pensato di non andare mai via come Totti e De Rossi, anche perché prima del Liverpool mi avevano cercato anche società più blasonate ed erano state sempre respinte, ma poi c’era bisogno di vendere e capii che il mio tempo era finito».
Totti e Gerrard: ha avuto due capitani «generazionali».
«Due miti, entrambi una po’ introversi. Francesco per me è anche un amico. Lui esercitava di più la sua leadership in campo grazie ad una tecnica fenomenale, Gerrard invece era più uomo spogliatoio, ma per un centrocampista come me è stato un riferimento anche nel ruolo».
Accantoni il cuore: come curva, meglio la Sud o la Kop?
«Credo che la Sud non sia più come quella di qualche anno fa, ma se fosse attaccata al campo come la Kop, penso che sarebbe superiore».
Meglio «Roma, Roma, Roma» o «You ‘ll never walk alone»?
«Bella lotta. Io sono un romantico: ancora mi commuovo all’inno giallorosso, però vi assicuro che quando entri ad Anfield e senti la musica, è roba da brividi».
I calciatori più matti che ha conosciuto alla Roma e al Liverpool quali sono stati?
«In giallorosso Mexes, tra i «reds» Glenn Johnson e Reina: simpaticissimi».
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