(La Repubblica – F. Bocca) Deve far tutto parte, anche questo 2- 0 allo Scida di Crotone, di un percorso spirituale e fisico di avvicinamento alla partita delle partite. Una specie di pellegrinaggio giallorosso, per trovare la forza di affrontare la più immane delle prove. Una via Francigena del pallone o un Cammino di Santiago che unisce campionato e Champions, percorso chiedendo la grazia di essere risparmiati dal tiki taka (o quel che ne è rimasto) di Ernesto Valverde. Eusebio Di Francesco deve essersi così fermato molto a meditare, quando Fazio, uno dei migliori giallorossi, si è fatto soffiar palla dal “pitagorico” Trotta per poi farsi bloccare in uscita dal solito miracoloso Alisson Becker. Ecco, che cosa succederebbe se invece di Marcello Trotta del Crotone ci fosse Lionel Messi del Barcellona? Non perdonerebbe di certo e annichilirebbe la povera Roma, facendole pagare tutti gli errori che spesso commette.

Anche con il Crotone, squadra che arranca in zona retrocessione, e che ha cercato di fare il possibile, contro un avversario che galleggia al terzo posto 35 punti più sopra. Non ci fosse stato Alisson forse sarebbe finita diversamente, ma è lo stesso Zenga ad alzare le braccia. «È un portiere che emoziona, quelli che emozionano sono i più forti. E non può essere certo un demerito ma un merito di chi lo ha preso». Infatti alla fine, al lordo dell’orgoglio degli uomini di Zenga, degli errori della difesa romanista, dei miracoli di Alisson e del turnover di Di Francesco che ne ha cambiati 6 su 11 rispetto ai soliti, resta sempre un 2- 0 marchiato da El Shaarawy, che un gol ha fatto e a quello si è limitato, e dalla botta di Nainggolan, che sembra ritrovare il piglio sfacciato da energumeno del pallone. Va bene che se la Juve si fa fermare dalla Spal non si può fare troppo gli schizzinosi su certe vittorie, però è chiaro che ogni passo e ogni giocata siano misurati e giudicati ormai in chiave Barcellona. Anche perché ci resta solo, alla ripresa, una trasferta a Bologna, e subito dopo il Camp Nou.

Curiosamente, ma non troppo, la Roma – sesta vittoria in 7 partite – ha vinto in trasferta tante gare ( 9) quante ne ha vinte all’Olimpico. È indice di una Roma matura e moderna. Forse. O forse significa semplicemente che ne ha perse troppe in casa, e che se non fosse successo, ora sarebbe almeno un po’ più vicina a Napoli e Juve. Gradito o non gradito intanto arriva il reset dello stop al campionato. «Ben vengano le soste – ha detto Di Francesco – ci abbiamo lavorato, servono a recuperare energie fisiche e mentali. Anche quelle dell’allenatore » . Non particolarmente entusiasta del gioco, anzi, ma almeno soddisfatto del turnover, post Champions. « È indispensabile in certi momenti. Ho visto che la Juve ha pareggiato con la Spal, e il Siviglia di Montella ha perso col Leganés». La partita dello Scida è filata via abbastanza tranquilla senza nemmeno un ammonito. Ciò non toglie che il fumantino Zenga sia esploso contro l’arbitro Banti che lo ha espulso per proteste per un fallo ( Trotta/ Juan Jesus) invertito. È uscito applaudendo. A sua giustificazione ha poi dichiarato: « Voglio solo dire che sono un allenatore professionista io!». Certo, perché i professionisti non imprecano?



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