Vince, stupisce, si arrampica in alto. Ha messo in vetrina una serie di talenti e ha portato in Nazionale un ragazzo cresciuto nel cortile di casa (Gagliardini). L’Atalanta di Gasperini è la squadra del momento. Sei vittorie e un pareggio nelle ultime sette, una classifica migliore di qualsiasi altra squadra di A nello stesso periodo (19 punti: la Juve ne ha ottenuti 18).

L’Atalanta è un mix di convinzione e condizione, che porta la squadra a giocare a memoria, a ritmi forsennati. Poi ci sono i numeri. Nel periodo delle magnifiche sette partite, i bergamaschi hanno subito solo due reti, ininfluenti. Da tre turni, poi, i nerazzurri hanno abbassato la saracinesca: non subiscono gol da 310’. Dividendo il campionato in due tronconi da sei giornate, l’Atalanta ha subito dodici gol nella prima parte (media di 2 a partita) e uno solo nella seconda (media di 0,16): il rendimento è dodici volte migliore.

Una difesa che è un bunker. E che ha il suo guardiano in un ragazzo di ventidue anni dalla faccia pulita e i modi garbati: la svolta è arrivata quando Mattia Caldara si è sistemato in mezzo alla retroguardia. Nelle ultime sei partite, tra turnover e infortuni, i suoi compagni di reparto si sono alternati, lui è sempre partito dall’inizio: non sarà l’unica chiave, ma è di certo un ingrediente fondamentale. Con lui la difesa dell’Atalanta si è trasformata in un muro sul quale sono andati a sbattere fior di attaccanti come Milik, Kalinic, Icardi, Pavoletti e Defrel, rigorosamente citati nell’ordine. Il paradosso vuole che Caldara, professione difensore centrale, abbia segnato più reti di quante ne abbia concesse alle squadre avversarie, visto che dietro è insuperabile e davanti ha messo in luce inaspettate doti da goleador. L’uomo della svolta, più di ogni altro, è forse proprio lui, Mattia Caldara, il difensore che segna e che non fa segnare.

(Gazzetta dello Sport)



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